https://open.spotify.com/episode/6vn49IMCJMGX5MVGm7848N L’ospite che avremo il piacere di intervistare oggi è l’imprenditore Guido Polito, Amministratore Delegato…
Il caso Digital Bros e gli investimenti ibridi equity – private debt con Paolo Rizzo e Andrea Cuturi di Anthilia Capital
L’intervista che ascolterete oggi (in versione integrale – tra gli episodi del podcast potete trovare la versione ridotta con i tratti salienti) sarà originale e diversa, poiché avremo il piacere di intervistare contemporaneamente due professionisti della stessa azienda su tematiche differenti:
Paolo Rizzo e Andrea Cuturi, rispettivamente partner, consigliere, manager del fondo azionario Anthilia Small Cap Italia e partner, Vice Presidente, e Chief Investment Officer di Anthilia Capital Partners SGR, società di gestione indipendente focalizzata sul rendimento assoluto costruita da un team di partner professionisti con track-record consolidato dal 2007 ed attiva anche nel Private Debt del 2013.
Anthilia può essere definita il primo asset manager “innovativo” in Italia, con un DNA caratterizzato da innovazione di prodotto e servizio tramite competenze finanziarie e tecnologiche integrate e la generazione proprietaria di tecnologia a supporto della gestione.
Analizzeremo il case study di Digital Bros come caso di successo di una società quotata di videogames italiana con attività digitale internazionale, parleremo anche del famoso caso di Games Stop, cercheremo di capire meglio le potenzialità della borsa italiana, insieme al connubio tra investimenti equity quotati e private markets lato debito con un nuovo eltif dedicato, insieme alle loro visioni sul futuro del risparmio gestito in Italia.
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Andrea Rizzo è laureato in economia a Roma dopo esperienze di studi negli Stati Uniti, opera nella ricerca e nel trading sui mercati merci nordamericani e sui mercati londinesi dei derivati. Dal 1995 in Banca Commerciale Italiana a Londra, quindi in Commit Asset Management, poi in Extra Investment Management, con responsabilità crescente di gestione, sino a divenire responsabile dello European Equity Desk.
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dal 2002 senior vice presidente responsabile per la wealth management unit di credit swiss poi membro del comitato strategico del gruppo per lo sviluppo delle attività in europa nel 2006 crea dublino una propria società di investimento confluita in antilia è presidente e amministratore delegato del family office faceoff e partner chief investment officer di antilia capital partners sgr paolo
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si è laureato nel 1988 all’Università Bocconi. Opera sui mercati azionari europei da oltre 20 anni, prima come analista in seguito come gestore. Ha ottenuto vari riconoscimenti per la costanza e la qualità delle performance realizzate. Sino al 1991 è stato analista e fund manager presso il gruppo IMI, in seguito European Equity Fund Manager presso fondi aria e assicurazioni. Dal 1994 al 1999 ricopre la responsabilità di Head of Equity in Deutsche Bank Asset Management.
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Nel 2001 passa al gruppo Credit Agricole in qualità di Head of European Equity, gestendo investimenti per oltre 7 miliardi di euro. Nel 2008 diventa partner di Antilia e gestore responsabile di Antilia Red e successivamente anche di Antilia Small Cap Italia. Da aprile 2013 è inoltre consigliare nel CDA di Antilia Capital Partners.
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riguardo l’azienda Antilles GR è una società di gestione focalizzata sul rendimento assoluto costruita da un team di partner professionisti con track record consolidato dal 2007 e attiva anche nel Private Debt dal 2013 le linee di business sono la gestione di fondi aperti al 17% la gestione di fondi chiusi al 33% la gestione di portafoglie e mandati istituzionali all’11% il servizio di financial advisory al 39% per un totale di asset under management e advisory di 1500 milioni di euro
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Antilia SGR può essere definito il primo asset manager innovativo in Italia, con un DNA caratterizzato da innovazioni di prodotto e servizio, tramite competenze finanziarie tecnologiche integrate e la generazione progretaria di tecnologia a supporto della gestione. Tra le varie tematiche che affronteremo oggi, presenteremo il case study di Digital Bros. È utile sottolineare che il caso analizzato non rappresenta ne un’indicazione di investimento né il frutto di una ricerca specifica di Antilia.
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bensì un racconto expost di un investimento effettuato a titolo di K-Study per scopi di approfondimento culturale. Il Gruppo Digital Bros è una global company, player di riferimento nel mercato dei videogames. Crea, sviluppa pubblica e distribuisce videogiochi per ogni tipo di target su tutti i canali e su tutte le piattaforme di gioco esistenti, mobile, social, digital e retail.
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Attivo in tutto il mondo con un portafoglio di prodotti che riflette le caratteristiche dei diversi mercati in cui opera, il gruppo ha il suo headquarter a Milano e sedie estere negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, Cina, Hong Kong e Giappone impiega circa 220 dipendenti. Al 30 giugno 2020 il gruppo ha registrato ricavi lor di pari a 139 milioni di euro.
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Fondata nel 1989 da Abramo e Raffaele Galante, quotata dal 2000 sul segmento star di Borsa Italiana, Digital Bros è una realtà internazionale che punta all’innovazione tecnologica in sintonia con l’evoluzione delle abitudini di consumo e dei gusti dei videogiocatori. Eccellenza creativa, innovazione tecnologica, efficienza e presidio di tutti i canali distributivi sono i caratteri distintivi dell’attività dell’azienda.
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Oggi il fatturato di Digital Bros è prevalentemente realizzato all’estero per circa il 93% e circa il 70% su piattaforme digitali. I brand con cui il gruppo è presente nel settore dei videogame sono 505 Games, 505 Mobile e Halifax.
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Benvenuti quindi ad Andrea Cuturi, partner vicepresidente Chief Investment Officer di Antilia Capital Partners e SGR e Paolo Rizzo, partner e gestore del Fondo Azionario Italiano Antilia Small Cap. Andrea, Paolo, parleremo oggi di vari temi inerenti alla gestione del risparmio, all’attrattività del mercato azionario italiano, al chei stadi specifico da analizzare, agli investimenti in economia reale e al futuro dell’asset management italiano. Partirei proprio dalla storia della reazione del mercato azionario alla pandemia.
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racconti questa storia come si è comportata la borsa italiana rispetto alle altre piazze finanziarie e in particolare il vostro fondo.
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La reazione del mercato azionario italiano è stata uguale a quella degli altri mercati finanziari nel mondo. Dopo un primo periodo, da metà febbraio 2020 a fine aprile di correzione e di panico, è successo una fase di ripresa legata al fatto che man mano si vedeva che i vari paesi uscivano dai lockdown e da una maggiore visibilità
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di quella che poteva essere l’uscita dal coronavirus, ma soprattutto dall’arrivo dei ristori per i vari settori colpiti, ma soprattutto dalla reazione della comunità europea in Europa e dal governo americano.
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negli Stati Uniti che hanno annunciato piani fiscali e di bilancio quindi di spesa molto massicci che hanno rincuorato i mercati, facendo capire che questi piani ristori, tagli fiscali e investimenti avrebbero coperto e risanato le perdite susseguenti al coronavirus. Questo unito all’intervento delle banche centrali che hanno inondato
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il mercato di liquidità ha aiutato i mercati a ritrovare fiducia. Quindi dopo una prima fase di grossa correzione legato al panico perché non si sapeva cosa sarebbe successo, da maggio abbiamo cominciato una fase di ripresa dei mercati che sono tornati a fine anno non a livelli di inizio anno ma a poco sotto, cioè meno del 10% mediamente la perdita, quando eravamo arrivati a perdere più del 40%. Il mercato italiano si è differenziato dagli altri per un motivo semplice.
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perché i vari settori hanno reagito alla pandemia in modo diverso. Alcuni settori sono stati colpiti in modo presantissimo, le compagnie aeree, gli alberghi, tutta l’attività legata alla ristorazione, ai viaggi, questi sono stati i settori più colpiti. Altri settori ne hanno beneficiato. Se noi pensiamo a tutta la tecnologia e alla digitalizzazione, sia delle persone fisiche che delle aziende, è in dubbio che la pandemia ha accelerato in modo clamoroso un processo già inato.
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appartenenti a questo settore hanno registrato incrementi di fatturati a doppia cifra nel corso del 2020 oppure se pensiamo alle aziende dello shopping online oppure coinvolte nella consegna a casa di cibo il 2020 è stato un turning point per queste aziende se noi pensiamo deliveroo, fatturati deliveroo o di HelloFresh nel corso del 2020 è cresciuto del 100% quindi a seconda dei setori la reazione alla pandemia è stata diversa il mercato italiano ha poco
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presenza soprattutto tra le blue chip di settori di aziende legate alla digitalizzazione, legate alla consegna allo shopping online, a tutti quei settori che hanno meglio performato, sono molto più presenti banche, utilities e titoli del genere. Se noi pensiamo ad esempio al nasdaq dove invece sono presenti aziende tecnologiche molto legate ai fenomeni di cui parlavamo prima, la performance è stata nettamente migliore. Quindi questo giustifica proprio la composizione settoriale dell’indice la sottoperformance del mercato italiano,
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mercato indiano che ha chiuso l’anno in modo negativo. Grazie Paolo e le maggiori scelte di questo periodo per il vostro fondo?
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Allora, quello che noi abbiamo fatto è a febbraio, quando abbiamo capito che la situazione era molto peggio di quello che pensavamo, abbiamo ridotto l’esposizione azionaria. Nel frattempo abbiamo anche cambiato l’esposizione settoriale, abbiamo tagliato quei settori che erano più esposti verso la pandemia, quindi non so, il retail abbigliamento, OVS, il retail elettronica, Unieuro, BC Speaker che fa amplificatori per grandi eventi, concerti, sale audio, vi dicendo, tagliate.
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che pensavamo avrebbero beneficiato, quindi i settori più legati alla tecnologia o ai videogiochi ad esempio, non abbiamo titoli presenti tra le RC Cap, ma abbiamo molti titoli presenti tra le Mid e Small Cap, quindi abbiamo fatto una riduzione dei rischi a metà febbraio, abbiamo cambiato l’esposizione settoriale e a fine aprile siamo tornati ad aumentare in modo considerevole l’esposizione azionaria riportandola verso il 100%. Questo è come abbiamo reggito la pandemia. Grazie Paolo.
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Ma mi chiedevo, essendo un fondo azionario, quando mi parli di sottopeso della componente azionaria, la quota parte relativa al sottopeso è in liquidità o utilizzate altri strumenti?
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di inquietità. A questo punto hai citato le small cap e le aziende tecnologiche, le poco italiane. Abbiamo scelto di raccontare il case study di Digital Bros. A questo punto, Andrea, chiederei a te perché hai scelto di raccontare questa storia.
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credo che sia un investment case emblematico della storia di Antilia, nel senso che è un investment case e un investimento che noi seguiamo ormai da più di 5 anni. Paolo e il suo team che è focalizzato sull’azionario italiano e sulle small cap in particolare ha iniziato a investire in Digital Bros quando il titolo era sotto i 5 euro per azione, quindi una capitalizzazione veramente molto bassa, al di sotto dei 100 milioni di euro. È una storia che abbiamo continuato a seguire nel tempo. Quello che ci ha appena raccontato Paolo
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a seguito della pandemia e cioè l’esplosione del business del home entertainment ovviamente digital bros ne ha beneficiato e di questo anche noi abbiamo visto il titolo salire a quasi a 30 euro per azione questo credo che sia una storia emblematica del nostro modo di investire paolo e il suo team dice sempre che loro non investono in azioni ma in aziende quando guardano le small cap quando hanno scelto digital bros hanno studiato l’azienda hanno visto la pipeline dei prodotti e siamo entrati progressivamente con una visibilità
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l’ultimo anno ci ha dato particolarmente ragione, cinque anni fa non immaginavamo nulla di quello che poi è successo in termini di pandemia ma era semplicemente un case study, un investment case per il nostro portafoglio. Questo è il motivo per cui ho pensato di raccontare questa storia che si sposa anche con la nostra grande attenzione al sistema Italia perché questa è un’azienda italiana di medie dimensioni, oggi capitalizza circa 300 milioni di euro, che compete con dei mostri di dimensioni internazionali e di grandissime dimensioni quindi con
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è una storia di successo con delle aree di eccellenza particolarmente rivolanti.
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Grazie Andrea, se ho capito bene, quindi il titolo quotava 5 ed è arrivato fino a 30, quindi un’impennata importante. Ma Paolo ti volevo chiedere, come hai capito al tempo il suo potenziale e come vedi gli sviluppi della azienda nel futuro, ma soprattutto a livello di settore?
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Noi siamo partiti dal settore. Quando noi investiamo in una small cap cerchiamo una sola cosa, crescita. Noi pensiamo che perché una small cap possa performare deve essere un’azienda che in 3-4 anni può aumentare il fatturato del 100%. In caso di Github, siamo partiti dal settore dei videogiochi. Il settore dei videogiochi negli ultimi 20 anni ha avuto una crescita organica annuale su double digit, quindi superiore al 10%, anno per anno.
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Il settore dei videogiochi è diventato il settore più importante nel settore media. Cuba osi quasi 200 miliardi di dollari e continua a crescere. Il perché è spiegabile, è facilmente comprensibile, con un cambiamento. Prima ai videogiochi giocavano solo i ragazzini, adesso giocano persone di 50, 60, 75 anni che erano cominciate da ragazzi. Questo è il primo motivo. Vediamo un settore in fortissima crescita. Il secondo motivo è stato il cambiamento degli economics del settore.
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un produttore videogiochi produce un video gioco vendeva il dischetto la cassetta secondo il sistema usato e finiva lì adesso i videogiochi vengono scaricati via internet e non si ha un ricavo singolo abbiamo ricavi recurrenti perché i soldi si incassano quando si vende il gioco quando si fanno degli upgrade del gioco quando si fanno nuove puntate del gioco
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e anche la possibilità per ogni giocatore di comprarsi dei pezzi per essere più competitivo. Faccio un esempio, se uno fa un gioco di guerra, inizia con un esercito minimo e man mano che vince l’esercito cresce. Uno può comprarsi soldati, paga e compra soldati. Quindi il recovery recarren importantissimo. 3. Il fatto che la distribuzione avvenga online, tramite le playstation, computer, telefonini, ipad, vi dicendo, ha eliminato il distributore fisico.
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Questi ricavi a chi vanno, chi produce e chi distribuisce il gioco, quindi ha un aumento dei ricavi. Altra cosa importantissima è la comunità. Nei videogiochi esistono comunità di milioni di persone che sono le persone che giocano il videogioco.
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Questa comunità è una comunità vera perché rimane nella comunità se giochi. Se tu smetti di giocare esci. Allora capite che quando c’è una comunità così ampia che gioca, quindi vuol dire che gli piace giocare ai videogiochi, se tu hai questa comunità e vuoi ad esempio lanciare una nuova puntata del gioco, hai già 20 milioni di persone a cui dirlo che te la comprano. Oppure vuoi lanciare un nuovo videogioco? Lo dice la comunità. Magari il videogioco non piace a tutti, ma la comunità è importantissima. E un’altra cosa importante.
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più fedele di chi guarda una serie televisiva. Perché Apple, Google?
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Amazon stanno cercando di entrare come distributori di videogiochi, non come produttori. Per un motivo semplice, che se io ho il mio videogiochi che amo, io ho il mio iPhone, non passo ad Android, non passo a Samsung, perché non ho più il videogiochi e i miei videogiochi sono fedeli, non voglio cambiare perché mi piace. Quando sto spettando un appuntamento, sono in metro e mi dicendo, cosa faccio? Gioco il mio videogiochi. Se prendo Samsung non gioco più. Queste caratteristiche del settore ci hanno convinto a investire. Perché Digital Bros?
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sottovalutato rispetto alle competenze internazionali per un solo motivo era sul mercato italiano nessuno lo conosceva aveva un’ottima pipeline di giochi gli abbiamo visti sviluppare ce li hanno raccontati all’inizio abbiamo visto sviluppare vincendo e la crescita delle quotazioni del titolo sono legate semplicemente al fatto che i videogiochi che avevano in pipeline man mano le hanno sviluppati, le hanno lanciati e hanno avuto successo. Noi crediamo ancora al titolo perché
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la possibilità nei prossimi due o tre anni di lanciare altri videogiochi che aumenteranno il fatturato in margini e aumenteranno le quotazioni. Naturalmente, come ogni titolo che cresce tanto, è volatile, perché chiaramente la vattilità è più elevata di un titolo come Enel. Ma noi siamo assolutamente fiduciosi nella equity story, nella realtà aziendale di Digital Bross e quindi pensiamo che possa ancora crescere.
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Grazie Paolo, hai fatto bene a citare la volatilità del titolo e il rischio sottostante. È utile anche citare che ovviamente è correlato al settore tecnologico, al settore azionario, anche internazionale, quindi quello che è stato ieri sicuramente non può essere considerato una prospettiva per il futuro e per questo è necessario avere un approccio professionale agli investimenti. Volevo chiederti, ma mi ha fatto venire in mente la storia che ha circolato in queste settimane di GameStop, che mi sembra piuttosto correlata.
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ci racconti un po’ come è andata per chi non l’ha seguita?
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GameStop è una società che era coinvolta esclusivamente nel business originario di Digital Bros. Digital Bros. è nata negli anni 80 facendo distribuzione fisica dei videogiochi, facendo il grossista. Poi nel corso degli anni è uscito da questo business diventando un produttore di videogiochi. GameStop era una società che era rimasta sul business originario, distribuzione dei videogiochi fisica. Business sta scomparendo.
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naturalmente, perché ormai nessuno compra più il videogio fisicamente tranne qualcuno particolarmente affezionato e il business di GameStop stava morendo la società stava andando in liquidazione sostanzialmente come Blockbuster dieci anni fa, due anni fa non ricordo, c’erano molti fondi edge short sul titolo, una comunità reddit di investitori persone fisiche si è accorta della cosa e si sono messi d’accordo tramite il social per comprare tutte contemporaneamente opzioni sul titolo, opzioni call, in questo modo hanno fatto strappare il
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da 17 a 450, chi era short ha resistito un po’, ma quando il titolo è arrivato a 70-80 è stato costretto a comprare, perché sennò veniva squisato fuori e ha provocato il fatto che il titolo sia arrivato a quei prezzi. È una situazione secondo me al di là del limite, questo non è un mercato che funziona normalmente. Grazie Paolo. Andrea, hai qualcosa da aggiungere su questo?
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La storia che ci ha appena raccontato Paolo è una forma di rivolta popolare del retail investor della strada nei confronti dei grandi hedge funds che mettono posizioni short quindi al ribasso sui titoli. La critica che viene fatta è che queste posizioni short che sono in qualche misura devono essere presenti sul mercato perché il mercato è fatto da chi compra e chi vende evidentemente, quindi la possibilità di poter dire io scommetto al ribasso sul titolo X ci deve essere. Quello che
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stop del 120-130% del capitale stesso dell’azienda, quindi si va oltre. Questo è stato ocepito, quindi quell’esplosione del titolo il 17400 che ha fatto scattare tutti i meccanismi di risk management per gli edge funds che erano corti del titolo ha provocato delle perdite su questi edge che sono arrivate anche al 50% dei fondi stesso, quindi obiettivamente un attacco. È la forma finanziarizzata e moderna attraverso i social, come diceva Paolo, dell’attacco che vedevamo a
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a New York, adesso si fa in modo diverso, ma è esattamente quello che è successo. Molta gente, questo non è stato scritto, si è parecchio fatta male, nel senso che i primi che hanno fatto questa cosa hanno guadagnato anche tanti soldi, gli ultimi che hanno seguito il movimento poi si sono spaccati le ossa, come si dice in gergo, perché poi il titolo è tornato violentemente indietro.
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Grazie Andrea, ma mi chiedo, non ho seguito la vicenda ma a volte entra in gioco la borsa a mettere lo stop e quindi il divieto di short selling, ha fatto qualcosa di questo tipo che tu sappia?
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No, non è successo questo, almeno che io sappia. Da questo punto di vista diciamo che la SEC e le borse americane sono forti sostenitrici della libertà di azione. L’orientamento dei diversi mercati è molto diverso, basta pensare che in Europa, Consob da una parte, Baniff in Germania, piuttosto che in Francia, ci sono orientamenti abbastanza diversi, non c’è un omogeneità di comportamento e questo può in generale delle situazioni, ripenso a 15 anni fa.
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no forse meno, dieci anni fa alla situazione Volkswagen-Forsche che provocò una situazione simile ma era pienamente istituzionale, non era con volto in retail, che sostanzialmente venne lasciata libera di agire senza bloccare il mercato. Quindi da questo punto di vista no, non ho visto nulla del genere, la cosa è durata meno di una settimana, quindi da questo punto di vista è rientrata abbastanza da solo, ma è stata sufficientemente forte, ripeto 17$400 non è un balzo ma è un moltiplicatore per 20, quindi da questo punto di vista si è comprato qualsiasi cosa si riusciva a
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evidentemente pur di saltare le posizioni corte che erano obiettivamente al 130% del capitale della città.
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Vorrei chiedere a entrambi che insegnamenti avete potuto trarre da queste due vicende, che siano di utilità per gli ascoltatori.
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Se posso inizio io, come spesso succede, Paolo prima ha menzionato la volatilità dei titoli e quindi la rischiosità di un portafoglio. All’interno dell’asset class azionaria, la rischiosità delle posizioni può essere molto diversa. Ripeto le parole di prima di Paolo, Digital Bros. vs. Enel hanno un beta e quindi una volatilità molto diversa. Quindi nel costruire il proprio portafoglio bisogna essere coscienti di che cosa si mette in portafoglio e che peso queste cose possono avere.
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di GameStop è una storia che io da retail non seguirei mai perché i tempi di reazione sono diminuti, a volte anche secondi, perché poi in tutto questo entrano anche gli algoritmi e quindi evidentemente c’è un effetto amplificativo, ma la probabilità di rimanere, come si dice in gergo, col cerino in mano è piuttosto elevata. Quindi nel costruire il portafoglio bisogna essere ben coscienti di quello che si mette in portafoglio e qual è l’orizzonte temporale, perché l’orizzonte temporale di un trade come GameStop è mezzagiornata. Invece l’orizzonte temporale di un investitore
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almeno 6-12 mesi.
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Grazie Andrea, Paolo
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Il parolo è semplice e sintetico. Penso che un investitore non professionale su mercati azionari debba essere prudente. Questa è la cosa. Grazie Paolo. Ma volevo chiederti, a livello di rischio di cui abbiamo parlato, quali sono i vostri processi di gestione del rischio nel comparto azionario?
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e il compartizionario c’è un risk manager all’interno della città che controlla quotidianamente il fatto che noi rispettiamo i livelli di rischio, termini di VAR, sui fondi rispetto a quanto dichiarato e prevettivato. E volevo chiederti, sul mercato italiano qual è il rapporto rischio-rendimento e premio per il rischio? Credi che sia un mercato attraente o un fannalino di coda rispetto agli altri mercati?
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Dall’ultimo punto di vista del premio del rischio, quindi delle valutazioni, il mercato italiano, soprattutto sulle small e mid cap, è un mercato molto attraente, perché il premio per il rischio è più elevato rispetto agli altri mercati europei e le valutazioni sono più basse. Ma credi che la liquidità relativa, e quindi non essendo un mercato così liquido, sia un fattore positivo o negativo?
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La liquidità dei titoli, allora non parliamo delle blue chip dove la liquidità comunque è più che sufficiente, ho anche delle midcap tipo Campari, Moncler dove la liquidità deve essere veramente black rock per avere un problema. Sulle smallcap la liquidità è un problema ma è legata al fatto che la maggior parte delle smallcap sono misconosciute, non coperte dai broker, non conosciute dagli investitori. Ma a mano che questo fenomeno verrà meno e queste società saranno sempre più seguite, sia dagli investitori che dagli broker, la liquidità inevitabilmente aumenterà.
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capitalizza 100 milioni e ha un flottante da 30 milioni non ci può aspettare che la liquidità sia elevatissima. E voi coprite anche l’HIM, il mercato alternativo, che è ancora più evidente il problema della liquidità.
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Abbiamo molte società sull’AIMSE. Chiaramente lì il problema di liquidità è ancora più elevato, però bisogna saperlo gestire. Invece, Andrea, volevo chiederti, ma essendo un mercato comunque molto piccolo, non credi che gli investitori istituzionali, soprattutto, siano più guidati da una sorta di patriottismo che da una logica di diversificazione? Non pensi che sarebbe preferibile utilizzare un fondo azionario europeo?
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Sono due investimenti diversi, sono entrambi validi. Il patriotismo nasce dal fatto che l’investitore retail conosce meglio le aziende che sono sull’istine italiano, evidentemente, perché EGN e DENEL le conosciamo tutti, mentre magari l’equivalente in Inghilterra piuttosto che in Germania non necessariamente è conosciuto. Nell’optica…
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diversificazione, noi diamo un ruolo al mercato italiano specifico per quelle che sono le sue caratteristiche di maggior valore, come diceva Paolo prima, le medie e basse capitalizzazioni sono secondo noi quanto di meglio c’è oggi sul mercato azionale italiano, mentre per quanto riguarda un ragionamento di esposizione azionaria complessiva europea, utilizziamo più un’esposizione di natura europea. Faccio un paragone per darvi il passo, quando questa azienda è nata alla fine del
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40 mila punti mentre parliamo intorno ai 23 mila, quindi è sostanzialmente dimezzato. L’equivalente indice europeo ha perso meno del 20%. Questo per dire che nonostante invece sulle medie e basse capitalizzazioni abbiamo avuto delle storie di grandissimo successo. Ne abbiamo menzionata uno, ne potremmo menzionare tante altre, ma abbiamo visto aziende legate a settori anche diversi, a business diversi, eccetera, eccetera, che sono aumentate significativamente di valore. Questo per dire che nella locazione azionaria di un portafoglio che sia
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parlare di Italia e parlare di Europa sono due ruoli diversi.
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Grazie Andrea, ma a questo punto mi hai fatto venire la curiosità, ma ci racconti un po’ la storia di Antilia e soprattutto immagino le difficoltà di un player indipendente di crescere in Italia.
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Allora, Antilia è nata da un gruppo di amici e soci ormai qualche anno fa, nel senso che è nata alla fine del 2007, inizio del 2008. Questo quindi vi dà il senso del timing della cosa, perché se tutti ricordate il 2008 i nostri fondi sono partiti un mese e mezzo prima.
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del collasso del sistema con Lehman e tutto il resto. Quindi da questo punto di vista abbiamo avuto un battesimo che a dire di fuoco è stato abbastanza challenging, sfidante. Siamo un gruppo di partner, abbiamo il controllo completo della società, l’80%, abbiamo due banche che ci hanno accompagnato in questo percorso sin dall’inizio, sono due banche private di gestione, una in Italia e una in Svizzera, e quindi utilizzano i nostri strumenti, i nostri fondi, anche i nostri strumenti, i nostri fondi, non solo evidentemente per i loro clienti, e quindi nasciamo come una società prodotto.
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sui mercati finanziari. Ormai sette anni fa
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abbiamo avuto una felice intuizione e abbiamo colto l’occasione, a suo tempo introdotta col decreto minibond, per entrare nel mondo del private debt. Oggi siamo uno dei player più rilevanti nel mondo del debito privato in Italia, con circa 800 milioni di masse gestite per i più grandi e importanti istituzionali italiani, questo è un business squisitamente istituzionale, e lo è ancora per poco perché questa cosa che vi ho raccontato, cioè i fondi di private debt, di minibond, di fatto è la nostra practice
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4-5 fondi e mandati specifici per grandi compagnie di assicurazioni, di fatto vanno a confluire in uno strumento che combina la possibilità di far partecipare a questa practice anche ai privati. Il TIF, cioè lo European Long Term Investment Fund, ti permette, essendo un fondo chiuso a 7-8 anni, di combinare cose diverse al suo interno. Noi abbiamo deciso di farne uno sul sistema Italia, dedicato al sistema Italia, combinando le due nostre practice di maggiore visibilità, e cioè quella che abbiamo discusso a lungo
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sulle small and medium cap italiane, quindi il 50% del nostro TIF sarà dedicato a questo, quotate, e l’altro 50% invece al private debt italiano, quindi sostanzialmente emissioni a favore di piccole e medie imprese italiane che crescono e che hanno necessità di liquidità per investimenti a cui noi prestiamo denaro con un’emissione che poi nel corso degli anni ci viene restituito con un tasso di interesse.
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Molto interessante, grazie Andrea. Mi sembra una novità assoluta quella di unire in un unico strumento i titoli quotati e non quotati, con tutti i vantaggi degli strumenti in economia reale, anche in termini di volatilità. Ma ti chiedo, la componente al 50% è fissa oppure in ottica tattica può essere modulata?
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Questo nel corso del tempo varia nel senso che per costruire la parte quotata è questione di poche settimane, nel senso che nel momento in cui il fondo parte, supponiamo che parte con un nav di 100, i 50 che vanno destinati a un mercato azionario di Small e Medium Cap viene sostanzialmente costruito in alcune settimane, quindi non in due ore, ma non in sei mesi. Invece la costruzione del portafoglio sulla parte mini bond e quindi private debt in effetti ha una sua tempistica un po’ più lunga.
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pensiamo che il private debt Italia deve avere al regime minimo il 50% con al limite un’aggiunta sulla parte europea se vogliamo farlo più velocemente se troviamo delle occasioni che però rispecchino i tassi che troveremmo in Italia. La parte di small cap Italia tra il 35 e il 50% a cui potremmo voler aggiungere anche qui in modo opportunistico dei fondi di private equity e di venture capital che a volte sono anche quotati, quindi una proxy del quotato italiano ma fondi
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la domanda è molto pertinente perché c’è un meccanismo nel tempo di asset allocation, ma il 50-50 è sostanzialmente rispettato con gli aggiustamenti necessari, evidentemente. Se io ti dicessi che in tre mesi il 50% dedicato al private debt lo copro, sostanzialmente sarei mentendo e secondo sarei un pazzo fondamentalmente.
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Grazie Andrea, immagino tuttavia che ci siano delle complessità nella gestione del rischio mettendo insieme strumenti quotati e non quotati. Mi puoi raccontare qualcosa su questo? Perché lo vedo una sfida non indifferente per capire la rischiosità totale del portafoglio.
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Allora, sono due cose che noi facciamo sistematicamente da tanti anni, quindi la rischiosità del mondo quotato small-medium cap, la conosciamo e ne conosciamo le caratteristiche. Allo stesso tempo, quello che conosciamo molto bene, perché lo facciamo da sette anni, abbiamo fatto più di 50 emissioni su più di 40 emittenti, il rischio inerente, soprattutto alla luce di quello che è successo all’economia reale negli ultimi 12 mesi, legato alle emissioni sulle capitalizzazioni sulle aziende di piccole dimensioni, lo conosciamo perfettamente. Quindi le due cose le conosciamo.
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Mettendo le due cose in un unico strumento, quello che abbiamo studiato con grande attenzione è il meccanismo di correlazione dei rischi. E quindi da questo punto di vista abbiamo un percorso su cui non vi tedio perché sarebbe molto tecnico, ma sostanzialmente c’è un meccanismo di analisi delle correlazioni che permette di evitare che tutte le nostre uova siano un unico cestino e se poi quel cestino si sfonda abbiamo fatto la frittata. Nel detto…
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in modo da Master Chef, sostanzialmente nel gestire il rischio, nel gestire la diversificazione, dobbiamo anche passare attraverso ai meccanismi di correlazione tra i due practice che sono molto diversi tra loro, ma che in qualche modo servono lo stesso tipo di aziende.
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Grazie Andrea, estremamente interessante. Poi avremo nel corso il podcast degli approfondimenti specifici di Risk Management, magari inviterò il vostro Chief Risk Officer per spiegarci questa particolarità che credo molto interessante. Ma volevo chiederti, all’interno di queste asset class così complete, sia al lato equity che debito, avete mai considerato i crediti commerciali e quindi tutto il vantaggio della breve scadenza e anche la liquidità che ne comporta?
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Non in questi strumenti, le curve non permettono di mecciare un livello di reddittività sufficiente, nel senso che il digital lending, il lending e il sconto fattore sono tutti strumenti assolutamente liquidi, nobili e che meritano di essere finanzializzati, ma alla luce delle curve dei tassi che abbiamo visto negli ultimi tre anni, oggi rendono sostanzialmente poco più di nulla. Quindi da questo punto di vista abbiamo studiato l’ipotesi di fare un fondo dedicato a questo settore,
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da uno strumento di questo tipo sarebbe stato troppo basso e quindi non attraente e soprattutto tenuto conto che sarebbe un fondo chiuso. Quello su cui ci stiamo invece concentrando, alla luce anche dell’ultimo anno, è un fondo sempre di debito privato ma di situazioni speciale, sostanzialmente di aziende che sono non così in buone condizioni da poter viaggiare esclusivamente sul sistema bancario o sistemi adesso complementari come il nostro private debt, ma che hanno bisogno
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a pagarla un po’ di più perché sono in condizioni un po’ meno agiate sia di business che di contesto. Quindi special situations stiamo immaginando di lanciare un fondo su questo, un fondo dedicato, fondo chiuso e per farvi capire quanto è diverso da quello che oggi facciamo è…
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che per farlo abbiamo identificato un team di 2-3 persone che sono pronte a riunirsi a noi quando sarà il momento. Quindi da questo punto di vista la cosa per rispondere alla tua domanda è sì, lo abbiamo visto, lo abbiamo considerato, ma non pensiamo che sia un’opportunità, in questo momento è soprattutto un’opportunità per noi come gestori e come aziende di asset management, ma anche per i nostri investitori, e invece pensiamo che alla luce di quanto accaduto negli ultimi 12 mesi si siano aperte delle opportunità su aziende che sono in affanno, in difficoltà, che necessitano di finanza e che possano poi nel corso dei 5-6
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anni successivi rientrare progressivamente da questa situazione e quindi onorare diciamo il proprio debito anche se a tassi più alti di quelli che abbiamo menzionato e quindi dare delle soddisfazioni agli investitori di un fondo di questo tipo.
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Grazie molto Andrea, molto interessante, ma volevo chiederti questa unione tra gli investimenti tradizionali, dove nonostante la particolarità, credo, rientri il fondo azionario e gli strumenti alternativi, credi che questa unione di competenze sia stata la chiave del successo di Antilia? E mi chiedevo se avete in mente o se è già in gamma l’intero spettro delle soluzioni anche in economia reale, con per esempio il venture capital o il private equity.
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è una cosa che non stiamo considerando, siamo un’azienda di piccole, medie dimensioni, oggi abbiamo un totale di asset tra gestioni advisory per…
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circa un miliardo e sette, quindi non siamo un grandissimo player. La chiave di successo credo che sia stata il fatto che tutto ciò che abbiamo deciso di fare l’abbiamo fatto con dedizione e competenza, quindi abbiamo sempre fatto la scelta facciamo quello che sappiamo fare oppure decidiamo di fare una cosa che non abbiamo fatto fino adesso, penso al percorso Private Death che quando abbiamo lanciato l’iniziativa Antilia era già nata da 6-7 anni, ma ci abbiamo messo chi di noi, partner, fondatori e poi costruendo il team, personi con le
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che ci contraddistingue e che riteniamo inevitabile. Per rispondere alla tua domanda Antilia è una struttura di 40 persone, il solo team dedicato all’azionario che ho con grande enfasi sullo small cap, small medium cap, che poi viene declinato su due e tre fondi perché abbiamo un fondo
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di Small Cap dedicato a full equity, un fondo flessibile europeo e abbiamo un fondo long short equity, sono un team di 4 persone. Quindi il 10% di Antilia fa solo questo, per darvi idea, e quando dico il 10% di Antilia ci metto anche la parte amministrativa, cioè il mondo del back-office che gli investitori non vedono evidentemente. Quindi facciamo poche cose e cerchiamo di farle molto bene. E diciamo, questo è il TIFF che ho menzionato prima, è la sintesi delle due nostre practice che oggi stanno avendo maggior successo. In termini di performance, il fondo Small Cap Italia
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che ho gestito da Paolo Rizzo e dal suo team, è il primo fondo italiano a 3-2-1 anno.
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termini di performance. In termini di private debt siamo i secondi maggiori in termini di raccolta, ma siamo by far i primi in termini di erogazione. Quindi abbiamo raccolto sì, ma molti poi non sono riusciti ad erogare alle aziende perché si sono andati dei parametri troppo sfidanti o comunque troppo complicati. Noi invece abbiamo fatto, come dicevo prima, in sei anni scarsi abbiamo fatto più di 50 emissioni su più di 40 emittenti e quindi con una dimensione media dell’erogazione
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abbiamo dato circa 400 milioni di crediti negli ultimi 4 anni, 5 anni.
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Che bella storia Andrea, complimenti per i successi che mi sembrano significativi. Ma volevo chiederti, l’Italia è un paese facile per un asset manager indipendente? Oppure il fatto che sia un paese di grande attrattiva anche per gestori internazionali, visto lo stock di risparmio, ha reso la vita difficile per un SGR indipendente crescere fino a queste cifre così significative?
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L’Italia è un paese difficile all’inizio per una storia come la nostra, perché essendo la nostra giustamente un’industria molto regolamentata, qualcuno dice addirittura iper regolamentata, noi per mettere su questa struttura dobbiamo asseguire tutta una serie di parametri giustamente. Non è una cosa che si costruisce in 15 giorni, ma ci vogliono dei mesi, se non anni. Detto questo, il Paese Italia è pieno di opportunità, l’abbiamo visto in due settori così diversi, e questo lo vediamo noi e lo vedono anche gli investitori stranieri.
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private di gestione, noi abbiamo dei mandati di gestioni dedicati istituzionali da grandi istituzioni straniere, importanti, per regole che ci siamo dati non facciamo il nome evidentemente, ma che selezionano in Italia degli indipendenti e qui l’indipendenza per loro è molto importante, quindi c’è un mercato anche per gli indipendenti e da questo punto di vista quindi le opportunità ci sono, ecco. Non c’è nulla di facile ma questo è vero in Inghilterra, in Germania, in Francia, come in Italia.
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Grazie Andrea, ma quindi come vedi l’asset management in Italia nei prossimi anni, le maggiori sfide che vedi all’orizzonte, ma soprattutto vorrei chiederti qual è il ruolo della tecnologia e soprattutto delle reti di vendita?
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Questa è una domanda che prenderebbe alcune ore, quindi cercherò di essere sintetico. Credo sostanzialmente che l’asset management continuerà in questo suo percorso di evoluzione sistematica. Lo abbiamo visto negli ultimi anni con, anche in Italia, l’aumento del peso dei fondi chiusi e dei FIA all’interno dell’asset allocation.
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anche dei privati. Quando dico fondi chiusi per noi è il private debt, ma nel mondo normale è anche il venture capital private equity. Gli investitori istituzionali stanno lentamente incrementando il peso di queste asset classes nel loro asset allocation e questo continuerà. Tenete conto che oggi un investitore istituzionale medio è ben al di sotto del 10%.
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alcuni endowments americani sono arrivati al 40. Questo per dire che, ora non dico che quelli italiani arriveranno al 40 nei prossimi tre anni, ma comunque c’è molto spazio da fare. Quindi in questo mondo, quindi dei fondi chiusi, penso che i prossimi cinque anni il sistema italiano ed europeo, asset management, ma in particolare quello italiano, dedicherà molta attenzione per lo sviluppo futuro.
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La tecnologia è fondamentale nel senso che quando noi abbiamo iniziato questo lavoro, ai me qualche anno fa, si viaggiava ininterrottamente in giro per il mondo, per l’Europa, vedendo aziende, incontrando analisti, facendo sue opinioni. Ora, a prescindere dall’esperienza fatta da tutti noi, quindi non dico tutti noi, proprio tutti noi, negli ultimi dodici mesi per la pandemia, a prescindere da questo io ormai viaggio due volte l’anno, viaggiavo due volte l’anno, negli ultimi dodici mesi ovviamente non ho viaggiato, per andare negli Stati Uniti e in Asia,
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che ovviamente fa paura il suo team per quanto riguarda l’area euro, viene fatta quasi scusivamente ormai con incontri su computer via web. Quindi a questo punto di vista è la tecnologia importante, importantissima e facilita non poco, ma la tecnologia è anche la tecnologia dei mercati finanziari e quindi quella storia che abbiamo raccontato all’inizio di questa puntata, cioè il GameStop, il fatto che si possa fare una rivolta su un social network…
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quegli effetti che abbiamo descritto, è anche questo frutto della tecnologia. Dieci anni fa era impossibile pensare di fare una web call con 100 persone, come ho fatto ieri sera alle 7, dove si parlava uno alla volta in modo anche formale, ed era assolutamente inimmaginabile. Non so sinceramente come potrebbe essere fra dieci anni, che cosa potremmo fare fra dieci anni, perché non ho questa capacità che aveva Stee Jobs e pochi altri di immaginare la tecnologia nel futuro. Sicuramente continuerà ad avere un ruolo determinante.
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Non so se Paolo voleva integrare il mio commento.
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Nel nostro settore, come in tutti i settori, la tecnologia sta diventando fondamentale, sta diventando un game changer. Io penso che anche nella distribuzione dei prodotti…
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che oggi prevalentemente è ancora fisica, quindi fatta tramite reti di provotori o private bank, la distribuzione online nel corso dei prossimi anni diventerà un elemento fondamentale. Distribuzione online coniugata con una consulenza online, però questo sarà uno dei principali cambiamenti dei prossimi 4-5 anni sul lavoro degli asset manager e delle banche che fanno gestione patrimoniale.
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Grazie Paolo, ma in particolare, se ho ben capito il tuo approccio ed il tuo team alla gestione, mi sembra più che altro fondamentalistico, di approccio fondamentale. Ma mi chiedo, che cosa ne pensi dell’analisi tecnica e se credi che gli ETF, le gestioni passive, Robotvisor potranno sostituire la componente umana della capacità gestionale?
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Asi tecnica è un metodo di gestione differente. Noi non lo applichiamo, ma ci sono fiori di gestori che lo fanno, poi i risultati possono essere in alcuni periodi migliori e in altri periodi peggiori. Secondo noi il miglior modo per ottenere dei rendimenti elevati sui mercati azionari è ragionare nel medio lungo periodo e investire non in azioni ma in aziende. Quindi conoscere bene l’azienda. Più sai di un’azienda, più ci sono probabilità che tu guadagni. Questo è il nostro punto di vista.
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Però anche la manesita tecnica può essere un metodo di gestione assolutamente nobile, applicato da molti, con degli ottimi risultati. Io non sono capace di farlo.
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Per quanto riguarda gli ETF, l’ETF è un modo alternativo di investire su mercati. Alternativo a che cosa? Alternativo ai fondi che lavorano a benchmark. E’ chiaro che se tu mi chiedi ma tu puoi sostituire Antiglia Small Cap con un ETF sulle small cap italiane? Non so se esiste, ma se esiste esse stai comprando due robe diverse. Se compri l’ETF compri un indice composto da 120-130 azioni o 150.
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non so quanto potrebbero metterci, si compri Antiglia e Small Cap, compri un fondo che è investito in 25 società, che è organizzato come se avessi investito in 25 piccole club deal. Stiamo parlando di due prodotti diversi, per cui noi da questo punto di vista non temiamo assolutamente la concorrenza degli ETF perché facciamo prodotti completamente diversi, attivi. L’ETF è passivo. Il robotvisor credi che potranno sostituire gli algoritmi la componente umana?
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robot advisor chiamamolo come vogliamo, può sostituire la commormente umana gli inventimenti di breve periodo, cioè se uno fa l’investimento in trading l’algoritmo può funzionare, ci sono fior di letteratura su questo aspetto. Se uno però vuole fare un investimento di lungo periodo basato sui fondamentali pensando di investire in aziende e non in azione, vi dicevo no non funziona. Andrea, vorrei aggiungere qualcosa?
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Sì, allora, il robot advisor sono dei meccanismi molto sofisticati degli algoritmi che sostanzialmente producono un asset allocation dinamica nel tempo. Ora, più o meno una cosa simile è stata inventata più di 100 anni fa con il capital asset pricing model, quindi da questo punto di vista bastava avere un foglio Excel e poco più per avere il robot advisor. Quello che è importante nel gestire il denaro e nel fare l’asset allocation di chiunque, che sia un privato o che sia un’istituzione,
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un rapporto personale, che sia un sales con un istituzionale o che sia un private banker con un facoltoso signore che ha venduto la sua azienda un minuto prima, ma comunque un rapporto personale, perché le cose cambiano ma questi rapporti vanno mantenuti. Quindi da questo punto di vista sono un pochino scettico che quegli strumenti hiper tecnologici hanno una valenza, ma devono essere usati dai professionisti e poi trasmessi a chi non è un professionista.
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evidentemente, perché il ricco imprenditore o, come dicevano gli americani, lo Eurodentist, cioè il dentista che non sa nulla di finanza per definizione europeo, che però guadagna bene e quindi ha un cash flow ogni anno e accumula, di tutte queste cose non capisce niente, se gli dai un RoboAdvisor si perde dopo trenta secondi. Il riaggiustamento della volatilità del suo portafoglio…
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Diciamo che cosa stiamo parlando? Allora, da questo punto di vista io ritengo che ci siano dei limiti che vanno ben gestiti. Noi per esempio stiamo facendo investimenti in tecnologia abbastanza rilevanti, ma su dei sistemi di gestione, controllo e manutenzione, nei portafogli sia privati e soprattutto istituzionali, dei fondi chiusi. Perché siccome, come ho detto prima, penso che i prossimi cinque anni i fondi chiusi saranno sempre più importanti all’interno del portafoglio.
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dei privati e degli istituzionali e spesso sia le banche che i sistemi di accounting di alcune istituzioni non sanno come gestirli, avere un supporto, e noi stiamo sviluppando questo, per la gestione e la manutenzione degli oggetti che uno compra e poi tiene 7, 8, 10 anni in portafoglio è comunque rilevante.
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Ecco, non impatta la scelta di investimento quanto più che altro la manutenzione e l’amministrazione dello stesso. Andrea, il nostro format prevede di dare agli ascoltatori la possibilità di interagire con voi nel caso ci fosse qualche ambito in cui gli ascoltatori possano essere di utilità per la vostra crescita e la vostra mission. Vedi qualcosa che potrebbe essere di interesse dove noi ci possiamo fare da tramite? Ci sono un paio di cose allora che ho menzionato.
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e quindi diciamo studiarlo, lo si può vedere sul nostro sito e se uno poi lo vuole approfondire possiamo supportare.
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L’altra cosa probabilmente se io fossi un ascoltatore che ha sentito questa puntata chiederei a Paolo Rizzo delle 25 posizioni che oggi ha sullo Small Cap che non sono necessariamente pubbliche. Tenete conto che noi abbiamo su nostro sito abbiamo i nav e quindi diciamo i facshit su base settimanale. I nav sono quotidiani, ma i facshit li pubblichiamo una volta a settimana con le prime 10 posizioni. Quindi le prime 10 posizioni di quel fondo sono pubbliche, si vedono sul nostro sito, non c’è nulla di nascosto. Forse gli ulteriori 15 magari bisogna chiedere.
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abbiamo, lo riconosco nel team di gestione che abbiamo e che lavora insieme da tanti anni, perché una delle cose che non abbiamo detto di questa azienda è che siamo insieme da 12 anni come Antigua, ma molti di noi, quasi tutti di noi, lavoravano anche prima insieme, quindi di fatto è un team che lavora insieme da molti anni. Sulla parte azionaria abbiamo un’ottima capacità di generazione di alfa, quello che diceva prima Paolo, cioè perché il nostro fondo fa meglio del ETF, perché l’ETF riproduce un indice, noi creiamo alfa scegliendo i titoli che vanno meglio e
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long short perché abbiamo un fondo che va lungo di quelli che vanno meglio e corto di quelli che pensiamo che vanno peggio. C’è che chiamo di declinare queste cose con riciclosità e con piedi sull’acceleratore o sul freno in modo molto diverso, però questo è quello che penso sia caratteristico.
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Grazie Andrea siamo quasi in chiusura volevo chiederti quali sono le risorse umane a tuo parere più interessanti per il settore e se c’è qualche competenza che oggi magari vi manca che potremmo riuscire a intercettare con il nostro podcast.
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Come menzionavo, abbiamo sempre l’occhio in avanti e quindi oggi stiamo immaginando questo fondo di Special Situations su cui stiamo immaginando un team per la parte di debito privato.
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più spicy rispetto allo standard del private debt. Lì il team non è formato, se c’è qualcuno che volesse candidarsi, noi abbiamo in mente un team, ma non abbiamo ancora formalizzato nulla. Da questo punto di vista, noi è quello che cerchiamo sistematicamente e lo cerchiamo con un atteggiamento veramente bottom up. Noi cerchiamo giovani analisti, giovani ragazzi che amano studiare le aziende, che amano studiare il mercato e poi li dirigiamo sulle due practice che menzionavo per tutta la
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coordinata da Paolo sull’equiti oppure sulla parte di debito privato coordinato da Barbarellero, c’è un team di 7-8 persone ormai e quindi prendiamo dei ragazzi neolavoreati, laureandi, eccetera eccetera, li mettiamo dentro, ce li formiamo nel tempo. Poi ogni tanto qualcuno si fa attrarre magari da qualche grande nome e ci lascia pure, è inevitabile, questo è il mercato del lavoro, se crediamo al mercato c’è anche il mercato del lavoro. Però alcuni di noi, alcuni di questi ragazzi presi laureandi sono conosciuti con noi, uno di loro oggi
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una storia di crescita di azienda e al suo interno una storia di crescita professionale delle persone.
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Grazie Andrea, penso che i nostri ascoltatori abbiano colto l’opportunità. L’altra che mi viene in mente forse, ma me lo confermerai tu, è che aziende nel territorio con buoni numeri di bilancio potrebbero magari presentarsi a voi per il Private Debt, nel senso, potrebbe essere un’altra strada.
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Assolutamente. Da questo punto di vista non abbiamo un problema, diciamo, di richieste, perché abbiamo, tramite il sistema bancario con cui abbiamo costruito i primi due fondi, tramite una serie di network di advisor che inevitabilmente ci ha imparato a conoscere e quindi ci porta opportunità, c’è sempre tanta… Noi abbiamo emesso, come ho detto, più di 50 emissioni su 40 emittenti, ma la verità è che abbiamo analizzato più di 300 ipotesi.
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Quindi da questo punto di vista c’è sempre un po’ di fila, ecco. Però benvenute alle candidature anche dirette. C’è il nostro sito, c’è tutto dentro, abbiamo un’email che si chiama info at antilia.it, potete scriverli, qualcuno vi risponde. Io in primis, diciamo se riguarda le cose che faccio, rispondo io personalmente, e quindi da questo punto di vista siamo sempre aperti, la nostra porta è sempre aperta.
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Sai Andrea, perché te lo chiedevo? Perché immaginavo che lo scouting non fosse facile, perché il mercato non è enorme e le aziende magari più solide si rivolgono alle banche, quindi non vanno alla ricerca di strumenti alternativi. Questa era la mia supposizione, però invece mi dici che c’è una lunga fila di concorrenti con anche dei numeri buoni di bilancio, quindi mi stupisce.
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di fatto questa nostra practice nasce a fianco al sistema bancario, nasce il primo fondo, lo abbiamo fatto supportato da sette banche, i primi sette investitori erano sette banche, con le quali lavriamo sistematicamente, quindi la nostra non è una alternativa al sistema bancario, è una di più. Noi, per esempio, nel prestare denaro alle aziende, non facciamo mai quello che si chiama la sostituzione del debito, non sostituisco il debito antilia col debito di un mezzanino.
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Noi finanziamo storia di crescita, storia di crescita o organica o di crescita esogena. Ricordo una delle prime missioni che mi divertì moltissimo per un’azienda che produce talco, si chiama Inifabi, e che finanziamo l’acquisto di una miniera in Australia. Questo è il tipo di… un’azienda italiana che fa business nel mondo e ha comprato con il nostro prestito una bellissima miniera in Australia. Potrei raccontarvene altre 50 di queste storie, ma non credo…
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Grazie molto Andrea, devo dire molto molto interessante e anche stimolante. Credo che pure dalla finanza alternativa ma parallela al circuito bancario, quindi in partnership sia anche la chiave per la crescita delle nostre aziende e permettere loro di diventare da piccola a medie e da medie a grandi. Una grande sfida che credo sia giunto il momento di affrontare e che probabilmente oggi vede un’occasione unica a livello congiunturale, sperando di vederti d’accordo.
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Assolutamente, diciamo che il paradigma degli ultimi 12 mesi è cambiare tante cose, molti sono andati in affanno, però anche tante opportunità si sono create. Da questo punto di vista il DNA del sistema imprenditoriale italiano è veramente incredibilmente forte ed incredibilmente originale e quindi da questo punto di vista si sono create delle opportunità particolarmente rilevanti. E questo noi lo abbiamo visto sui due lati del business che ho menzionato per tutta la puntata, no? Abbiamo visto…
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con Paolo nelle aziende scelte e col cambio di settori e col cambio di tipo di cosa che abbiamo fatto, ma allo stesso tempo lo abbiamo visto anche con le missioni di 10, perché noi negli ultimi 12 mesi, cioè da febbraio dell’anno scorso inizio del grande caos, abbiamo fatto 10 missioni obbligazionari in favore di 10 aziende diverse. Quindi abbiamo continuato a prestare denaro ad aziende, certo sicuramente facendo dei controlli ulterioriori con un cambio di scenario che obiettivamente non è trascurabile, ma comunque abbiamo continuato a farlo.
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Grazie Andrea, siamo all’ultima domanda partendo da Paolo. Volevo chiedervi quali sono i vostri suggerimenti per i giovani interessati a una carriera nel settore e 2-3 bullet point, 2-3 messaggi che volete rimangano impressi ai nostri ascoltatori.
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Ragazzi giovani il primo consiglio è quello di studiare. L’education è fondamentale, fare un’ottima università e farla bene è fondamentale. Dopodiché una volta usciti dall’università, cercare un’azienda dove poter crescere, soprattutto nei primi anni imparare. E direi che una cosa si è seguenta all’altra. Senza una buona education non si riesce nelle buone grandi aziende e non si riesce a fare quella esperienza fondamentale per il futuro della propria carriera. Hai un paio di messaggi riepilogativi che vuoi che rimangano impressi per i nostri ascoltatori?
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La prima cosa, il primo messaggio è investire sui mercati azionari è difficile, vi chiede competenza e conoscenza delle aziende in cui investire. I rischi che si corrono a investire nella maggior parte dei casi per chi non lo fa professionalmente non sono comprensibili. Quindi il primo consiglio che do è possibilmente affidatevi a un investitore istituzionale, a un investitore professionale, non seguite i suggerimenti degli amici, non seguite le cose che leggete perché è molto rischioso. Una volta va bene, due volte vi fate male. Questo è il primo vero consiglio.
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La seconda cosa è ricordatevi, i mercati finanziari sono volatili, per cui prudenza.
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Inizierei dai giovani. In un podcast dove ho sentito con grande interesse parlare di aristocracia 2.0, non posso che sposare il fatto che l’educazione sia fondamentale, quindi sostengo quanto sostenuto da Paolo, cioè lo studio. Però lo studio deve essere integrato, secondo me, da passione, interessi e soprattutto informazione. Io vengo da una città dove c’era un signore molto importante e famoso che diceva l’informazione è potere. L’informazione è potere. Quando lui diceva lui, era un’informazione che potevano avere in pochi. Oggi il problema è opposto.
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di informazione e quindi bisogna saperla gestire, saperla filtrare. Quindi da questo punto di vista una delle cose che chiedo sempre ai giovani ragazzi che incontro per valutarli è come gestite la vostra informazione, come la filtrate e con quale cadenza la manutenete. Questa è una cosa che ho risposte di tutti i tipi, non mi terio ma veramente di tutti i tipi, da chi mi dice leggo il giornale una volta a settimana a chi mi dice ascolto i podcast di Bloomberg mentre guido la macchina per andare all’università, quindi c’è tutto il contrario di tutto. Ora da questo punto
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le tre cose che abbiamo menzionato, cioè l’educazione, la passione e l’informazione, siano fondamentali per essere pronti a 23, 24, 25 anni per iniziare un percorso che sia in un’azienda come Antiglia, piccola, dove comunque si ha l’opportunità di imparare facendo molto, learning by doing, oppure magari sia anche in una grande organizzazione col training program che va in 5 paesi diversi in 12 mesi, insomma, quelle cose super sofisticate che Antiglia non ha ancora.
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di poterceli permettere. Queste sono il messaggio che mi sento dare ai ragazzi giovani che oggi stanno studiando o che stanno magari decidendo che cosa studiare, perché questo è un passaggio anche molto importante. A 16, 17, 18 anni non ha sia ancora una passione sfrenata per qualcosa e non si sa se studiare finanza, legge, architettura, arte, chissà che cosa altro.
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Andrea hai 2-3 messaggi che voglio che rimangano impressi ai nostri ascoltatori?
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Quello che mi sento di dire è che noi stiamo facendo un percorso interessante, siamo molto felici. Quest’anno faremo due cose abbastanza nuove che penso possono essere di contributo ai portafogli sia istituzionali che privati, quindi senza voler vendere nulla a nessuno penso che alcune delle cose che facciamo possono essere l’integrazione di un portafoglio già esistente, tenuto conto che l’ELTI fa anche una fiscalità particolarmente aggievolata. Quindi da questo punto di vista noi continuiamo a investire e a crescere e continuando con l’approccio che ci ha contraddistinto fino a adesso, cioè quello di non voler fare tutto,
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di voler fare alcune cose cercando di farle al meglio possibile. Quindi in Antiglia troverete alcune soluzioni, non tutte, cercheremo di farvele trovare sempre nel miglior livello di qualità di cui siamo capaci, tenuto conto che quello che noi facciamo, e qui abbiamo fatto nostra una prassi anglosasso, che quello che noi facciamo per i nostri investitori in primi lo facciamo per noi stessi. Quindi quando io ho un asset allocation
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di un certo tipo per un investitore istituzionale ma soprattutto per il privato, sappiate che è la stessa che ho per me stesso. E i nostri fondi, i fondi personali, il nostro denaro, è investito nei nostri strumenti, nelle nostre gestioni. Questo per dire che ci mettiamo in nostro tempo la nostra professionalità, ma ci mettiamo anche i nostri soldi. I miei risparmi personali, quelli di Paolo Riccio, sono investiti nei nostri fondi e continueranno ad esserlo. Quindi da questo punto di vista credo che non tutte le grandi o le medie, diciamo, società di gestione possano dire altrettanto.
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Concordo assolutamente che è un indicatore di qualità e del fatto che credete negli investimenti che fate.
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Siamo giunti quindi ai saluti e ai ringraziamenti finali. I nostri tre ringraziamenti vanno innanzitutto ai nostri ascoltatori che possono sempre interagire con noi inviando una mail a segreteria a chio Faremo del nostro meglio per mettervi in contatto con i nostri relatori e come al solito garantiamo la lettura ma non la risposta perché sarà in funzione dell’interesse e delle priorità del momento.
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Il secondo ringraziamento va al team che ha permesso la realizzazione di questo episodio e il principale ringraziamento va a voi cari Andrea e Paolo per l’esperienza che avete condiviso con noi, la storia che avete voluto raccontarci, sia di Antilia che dell’investment case che abbiamo analizzato e di tutte le prospettive per un futuro anche per l’SGR di minore dimensioni prendendo spunto dal vostro caso di una società che ce l’ha fatta in un mercato molto difficile e competitivo quale quello italiano.
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Quindi buon lavoro da Vincenzo Marzetti e arrivederci al prossimo episodio.