https://open.spotify.com/episode/6vn49IMCJMGX5MVGm7848N L’ospite che avremo il piacere di intervistare oggi è l’imprenditore Guido Polito, Amministratore Delegato…
EXT – Giorgio GOBBI, Direttore Banca d’Italia Milano.
Commenti alle Considerazioni Finali del Governatore Visco
Nell’intervista di oggi (in versione integrale – tra gli episodi del podcast è presente la versione ridotta con i tratti salienti) avremo il piacere di ascoltare Giorgio Gobbi, Direttore della sede di Milano della Banca d’Italia.
La Banca d’Italia è la banca centrale della repubblica italiana e parte integrante, dal 1998, del sistema europeo delle banche centrali.
Nel corso dell’intervista, verranno affrontate numerose tematiche: dalla crisi in atto e relative misure adottate, alla tematica delle nuove tecnologie in ambito monetario fino a espolorare il discorso delle Fintech e delle cripto valute.
Soprattutto verrà posto l’accento sulle considerazioni finali della Relazione del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. La Relazione annuale del governatore contiene un’ampia analisi dei principali sviluppi dell’economia, italiana ed internazionale, dell’anno precedente e dei primi mesi di quello in corso. Considerando la crisi pandemica in atto, i passaggi che verranno citati e le risposte fornite dal nostro ospite saranno fondamentali per comprendere quanto questa crisi sia diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta e quanto rappresenti un punto di svolta per il futuro dell’economia, non solo italiana ma internazionale.
Come di consueto, concluderemo con i canonici bullet point e i consigli per i giovani in un’intervista da non perdere.
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Buongiorno agli ascoltatori e benvenuti al podcast Inside Finance. Sono Laura Buono e ho il piacere di introdurre l’episodio di oggi, inaugurativo della serie dedicata ai commenti alle considerazioni finali del governatore Visco. L’ospite di oggi è Giorgio Gobbi. Nato a Pavullo nel Friignano, Modena, si è laureato con Lode in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Modena nel 1985.
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ha proseguito gli studi presso la Oxford University, Corpus Christi College, 1987, dove ha conseguito il Master of Philosophy nel 1989. Entrato in Banca d’Italia nel 1990, ha svolto attività di ricerca e analisi sull’industria bancaria presso il settore monetario e finanziario del servizio studi fino al 2007,
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dove, dal 1998 al 2004, è stato titolare dell’ufficio intermediari creditizi. Dal 2007 a giugno del 2013 è stato titolare della divisione strutture intermediari creditizi del servizio studi di strutture economiche e finanziaria. Successivamente è stato sostituto del titolare della Segreteria tecnica per l’eurosistema e la stabilità finanziaria.
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Dal 2014 alla metà 2020 è stato capo del servizio stabilità finanziarie in seguito vicecapo del Dipartimento di Economia e Statistica. Il 1 febbraio 2021 ha assunto la titolarità della sede di Milano. Ha rappresentato la banca in missioni e gruppi di lavoro del Fondo Monetario Internazionale, della Banca dei Regolamenti Internazionali e della Banca Centrale Europea, BCE.
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è stato membro del Financial Stability Board della BCE e dell’Advisory Technical Committee del Consiglio Europeo per il rischio sistemico. Dal 2019 è membro esperto del Consiglio di amministrazione della Banca Europea degli Investimenti. È autore di numerosi studi su temi di banca e finanza pubblicati su riviste scientifici italiane e internazionali, tra le quali The Journal of Finance, The Review of Finance e The Journal of Banking and Finance.
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e coautore di due monografie sul sistema finanziario italiano. Ha tenuto corsi e lezioni di economia dell’intermediazione creditizia presso diverse università italiane. Nonostante non abbia bisogno di presentazioni, la Banca d’Italia è la banca centrale della Repubblica italiana, parte integrante dal 1998 del Sistema europeo delle banche centrali.
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Si tratta di un organismo di diritto pubblico e il suo scopo è quello di mantenere la stabilità dei prezzi e la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario in attuazione del principio della tutela del risparmio sancito dall’articolo 47 della Costituzione. Giorgio Gobbi sarà intervistato da Vincenzo Marzetti, fondatore del podcast Inside Finance e del marchio di conferenze econ Zero In Sharing Knowledge.
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Chief Business Officer di Iason, società di consulenza in risk management finanziario con sede a Londra, Milano, Roma e Verona, consigliere del Canova Club Roma e coordinatore del format Breakfast & Finance Roma. Buon ascolto!
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Benvenuto quindi a Giorgio Gopi e grazie per la tua partecipazione. Giorgio, prima di entrare nel dettaglio dei commenti alle considerazioni finali del governatore, innanzitutto come ti va la vita e su cosa stai lavorando in questi giorni? Buongiorno Vincenzo, la mia vita è molto molto piena perché da quattro mesi, sempre all’interno della Banca d’Italia,
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Ho avuto l’onore di un nuovo incarico, sono direttore della sede di Milano, mentre avevo passato i miei trent’anni precedenti di attività lavorativa in amministrazione centrale, facendo più o meno l’economista adesso, con le declinazioni che ci sono. Quindi sto imparando molte, molte cose nuove, sia professionalmente, sia di interazione del territorio di Milano e della Lombardia, che è una ragione estremamente interessante da un punto di vista sociale, economico, nonostante i tempi non facili che abbiamo vissuto
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tendono sebbene stiamo rapidamente migliorando. Grazie Giorgio, quindi una bella sfida anche interessante. Oggi ovviamente ascolteremo il tuo lato economista perché parleremo di tanti temi di economia collegati alla considerazione del governatore, ma per cominciare come ritieni si sia evoluta l’attività della Banca d’Italia negli anni?
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Io posso parlare della mia esperienza che sono trent’anni, perché io sono entrato in Banca d’Italia alla fine del 1990. In Italia eravamo molto vicini ad avere l’implazione di due cifre e la politica monetaria era gestita in autonomia, la vigilanza era gestita in autonomia. In questi anni gradualmente abbiamo condiviso a livello europeo molti di quelli che erano le nostre prerogati e le nostre responsabilità. Questo è stato un cambiamento epocale, nel senso che adesso…
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non vorrei usare dei termini offensivi per i colleghi che mi hanno preceduti, ma ha comportato una spro bisogna dirlo. Ora la Banca d’Italia è un’istituzione italiana al servizio del nostro Paese, ma che opera il stretto rapporto con le altre istituzioni, in primo luogo quella europea, cioè la Banca Centrale Europea sia per la politica monetaria, sia per la vigilanza.
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e opera in un contesto globale. Questo ha cambiato radicalmente e anche la percezione della banca che c’è nella società. Io ero uno tra gruppi ristretti di persone che venivano selezionate, che avevano studiato all’estero e cose via. Allora eravamo un’eccezione. Adesso avere dei curricula molto particolati è una caratteristica comune a molti colleghi. Grazie Giorgio, ma credi che una politica monetaria europea abbia
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un po’ limitato il ruolo della Banca d’Italia oppure credi che questa partecipazione a livello europeo abbia enfatizzato questo ruolo? Dipende, se uno è un nostalgico guarda indietro, sì, però proprio da un punto di vista estremamente professionale uno può essere il campione delle regate nel piccolo stagno o forse può sfidare il mare aperto, io sono per la seconda opzione, poi ognuno può avere percezioni diverse.
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Siamo saliti di categoria, quindi Giorgio, questo rende ovviamente tutto più interessante anche perché all’interno delle considerazioni del governatore c’è una grande attenzione a livello europeo e quindi le due cose sono connesse. Ma prima di entrare nel merito, a livello di tecnologia, qual è il ruolo oggi in Banca d’Italia? Dei sistemi informativi, del grado di sofisticazione tecnologica, anche questo vedi che è cambiato, si è evoluto nel tempo?
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Sì, qui si tratta di evoluzione vera e propria, perché la Banca d’Italia ha una storia molto precisa in funzione dell’innovazione tecnologica dell’industria finanziaria italiana. Alla fine, la metà degli anni Sessanta, il allora governatore Carli, che era uno che andava all’estero spesso, e quindi questo faceva sì che…
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guardasse quelle che adesso chiameremmo le best practices o comunque quelle che erano e soprattutto nei suoi viaggi negli Stati Uniti vedeva che il calcolatore, il lavoratore elettronico o il computer, che allora non erano i personal computer, stavano entrando in banca e lui si fece promotore assieme a uno staff molto selezionato dell’automazione dell’industria bancaria italiana. Quello è un punto d’inizio, la banca d’Italia è stata l’avanguardia per l’automazione del sistema di pagamento in Italia e in Europa.
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gestiamo, assieme alle altre principali banche centrali, ma abbiamo un ruolo estremamente rilevante e chiave nella gestione tecnica, nella gestione informatica dei sistemi di pagamento all’ingrosso a livello europeo. Siamo impegnati a fare in modo che anche questa nostra forte esperienza che ci è riconosciuta, come dalle altre banche centrali, questo nuovo ruolo di guida dei sistemi informatici funzionali alle banche centrali, il sistema dei pagamenti, e al nostro interno, devo dire, come tutte le grandi organizzazioni,
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non è facile perché noi stiamo ancora tanti, però un esempio del livello tecnologico è che noi praticamente nel 2020, nel giro di una settimana che viaggia dal 6 al 9 marzo, siamo riusciti a…
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garantire lo svolgimento delle nostre funzioni istituzionali da casa per la maggior parte dei colleghi. Sono alcune funzioni che non sono telequalizzabili, movimentare i valori dei sedi, questo non si può fare da casa, ma tutto quello che si poteva fare siamo riusciti a farlo e devo dire siamo riusciti a gestire con ricladute pressoché nulle sulla produttività complessiva, poi ci sono ovviamente delle varianze, alcune cose che hanno sofferto di più di meno, però tutte le attività che non chiede lavorabili sono state terri lavorate durante la crisi, infatti non abbiamo continuato a fare vigilanza, abbiamo anche a due o tre
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adottato moduli per fare le rispezioni a distanza. Poi c’è la grande attenzione al sviluppo al futuro. Adesso noi entriamo in una nuova era, quella che è della digitalizzazione spinta dell’industria finanziaria e anche qui cerciamo di giocare un ruolo al servizio del Paese. Quindi Giorgio credo che siate anche coinvolti in tutto il trend di crescita dell’intelligenza artificiale, all’analisi di grandi quantità di dati, insomma credo ci sia un’evoluzione epocale. C’è un’evoluzione epocale, ora c’è una curva esponenziale.
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dove piccoli spostamenti determinano grandi cambiamenti. Cerchiamo di esserne sia dal lato degli utilizzatori di questa nuova tecnologia, perché anche noi stiamo adattando strumenti che vanno dall’analisi economica, utilizzando big data e intelligenza artificiale alle attività di vigilanza. Quindi siamo dal lato degli utilizzatori. Siamo anche dal lato, seguendo la tradizione di Carli, che dicevo prima, di promotori, perché c’è un aspetto sistemico in queste attività che guardano tutta l’industria finanziaria.
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Partiamo parte della comunità dei regolatori sia a livello europeo sia a livello internazionale con vari comitati G20, Basilea, quindi abbiamo queste responsabilità istituzionali quindi non possiamo rimanere indietro, c’è un lusso che non ci possiamo permettere e al tempo stesso si tratta di sollecitare la nostra industria nelle classifiche internazionali sull’adozione delle nuove tecnologie a livello di industria, finanziaria, non siamo in posizioni particolarmente elevati quindi c’è uno sforzo da fare e c’è uno sforzo da fare subito
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un piccolo spostamento determina grandi effetti. Se non sbaglio, Giorgio Schiller aveva fatto un esempio che la regolamentazione finanziaria era data dai binari, mentre l’innovazione finanziaria era data da una locomotiva e spesso la locomotiva va molto più veloce rispetto alla creazione dei binari. Come vedi questa metafora? È un po’…
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estremamente, però è indubbio che ci sia una rincorsa continua tra chi ha l’interesse perché ci sono incentivi molto diversi. Il nostro incentivo dei regolatori, come la chiamo io, è quello di contenere rischi e soprattutto un difficilissimo equilibrio tra quello di evitare che la locomotiva prenda una velocità eccessiva e ogni tanto deraglia. E quando deraglia la locomotiva provoca molti molti danni.
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dall’altra parte però l’altro rischio è quello di frenare troppo la locomotiva e di evitare di avere i benefici sociali, un equilibrio molto difficile di cui ex post si capisce sempre qual era il punto giusto, ex ante si marcia un po’ più sulla sua vista, tenendo conto poi come in questo periodo dove l’innovazione tecnologica interessa praticamente tutte le attività finanziarie e dall’altra parte è molto rapida, invece la comunità dei regolatori è…
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una comunità eterogenea con interessi nazionali oppure di grandi aree, perché è una regolamentazione in una sola aree, in un solo paese, non è molto efficace perché la capacità di erodere i confini da parte delle nuove tecnologie è immediata, c’è solo gli arbitraggi e i grandi spostamenti.
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però devo dire, sarebbe ingeneroso dire che non si sta facendo niente, si sta facendo molto, l’Unione Europea vuole un ruolo molto presente su questi temi, anche a livello degli organismi dei fora multinazionali, c’è il Comitato di Basilea che sta lavorando, sono equilibri difficili dove ci sono anche interessi consistenti, per cui si sta lavorando e si sta cercando di avere un equilibrio tra controllare i rischi e al tempo stesso non frenare l’innovazione in maniera nociva per la crescita economica per le nostre società.
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Esatto Giorgio, penso che comunque l’innovazione finanziaria sia anche la leva per lo sviluppo dell’economia, del benessere, della collettività, quindi questo conferma a maggior ragione l’importante ruolo che rivestite, quindi assolutamente estremamente interessante, poi ci torneremo nel corso della nostra chiacchierata a livello di fintech e di criptovalute. Ma abbiamo parlato di tecnologia, ma non possiamo dimenticare l’importanza del lato umano all’interno
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Quali credi quindi siano le competenze maggiormente richieste da Banca Italia oggi in ambito risorse umane? Come credi si siano evolute nel tempo? Hai già accennato a questo all’inizio, ma ti chiederei un approfondimento su questo tema così importante. La Banca d’Italia non è in questo caso molto diverso da quello che saranno gli altri operatori, il settore pubblico se vuoi. In passato c’era…
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un’impronta giuridica molto forte, tranne alcune enclave, che erano appunto le enclave tecniche o quelle della tecnologia, che noi abbiamo già, dalla fine degli anni 60, come dicevo prima, abbiamo un’embrione di funzione informatica che poi si è evoluto e dall’altra parte c’erano gli economisti, il famoso servizio studi che poi ha cambiato nome tante volte nel tempo, ma il resto della banca era permeato da una forte cultura giuridica.
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poi man mano anche che cambiava il sistema finanziario, quindi c’erano anche altre competenze di economia aziendale, adesso ci stiamo evolvendo portando una componente tecnologica, che non necessariamente sono solo gli ingegneri, una componente tecnologica ad esempio esistono degli esperti di gritto, i nuovi contratti in parte rifletteranno le vecchie norme, ma in parte avremo bisogno di adattare le norme, però è in dubbio che una quota più elevata che in passato
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di domanda sul mercato del lavoro sarà rivolta a quelle nuove professioni, professioni in grado di essere competenti anche sul lato tecnologico. Noi investiremo in technology in futuro, stiamo già investendo in technology, ci teniamo ad avere anche un canale di reclutamento che passa attraverso gli studenti che hanno conseguito un dottorato in tutto il mondo. Ora, chi fa un dottorato in economia nelle principali università, negli Stati Uniti, in Europa, così via, tende ad avere una componente quantitativa.
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capacità di strumenti, di statistici e soprattutto di utilizzo dei dati, delle nuove tecnologie che è incommensurabile da quello che veniva richiesta a me trent’anni fa. Quindi questa componente dei dati, come dicevi tu all’inizio, ormai il mondo è un mondo di dati e di regole come utilizzare, manipolare questi dati, sta già cambiando anche la professione dell’economista come la conoscevo io.
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mi ritenevo e mi ritengo ancora un economista quantitativo, ma io adesso non sarei neanche ammesso a un esame postgraduate come tanti miei colleghi, ma per il livello di competenze, di essere in grado di manovrare l’enorme quantità di dati che vengono raccolti adesso.
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Grazie Giorgio per le importanti considerazioni sul futuro del lavoro in Banca d’Italia ed effettivamente hai ragione molte delle competenze convergono in vari settori e quindi questo è anche il futuro che ci attende e adesso credo abbiamo scaldato i motori possiamo entrare nel vivo dei commenti alle considerazioni del governatore Bisco e volevo chiederti quali ritieni i temi più importanti soprattutto in un anno così particolare?
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vuoi commentare a livello introduttivo? Uno dei temi che percorre tutte le considerazioni finali è il tema dell’Europa. E non solo anche dell’Europa, è il tema della consapevolezza piena che dalla profonda crisi determinata dalla pandemia non c’è una via d’uscita di un singolo paese, soprattutto in Europa non c’è una via d’uscita di un singolo Stato europeo.
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e anche a livello globale non ci sono vie d’uscite individuali, quindi questo senso della interconnessione e della difficoltà che un singolo paese da solo ce la possa fare.
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Sono importantissime le politiche a livello nazionale, ma la loro efficacia dipende da quello che succede negli altri paesi. E in Europa di cui noi siamo una parte fondamentale, questo secondo me è un light motive che va per tutte le considerazioni finali. Poi ovviamente ci sono tutti i temi trattati a un livello di approfondimento più o meno elevato, ma questo credo che sia uno dei temi principali. Giorgio, prima di entrare nei dettagli che affronteremo insieme, riguardo il discorso dell’Europa, credi che l’Italia…
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sarebbe sopravvissuta a una crisi pandemica non essendo parte di un ecosistema così importante? Un esercizio contrafattuale però sarebbe stato molto molto molto difficile e anche perché questa volta, questo è scritto anche nelle considerazioni finali più o meno esplicitamente, a differenza di un decennio fa quando di fronte alla crisi…
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dei debiti sovrani e prima la crisi finanziaria globale, questa volta la risposta dell’Europa è stata una risposta solidale, unitaria e ha segnato anche un cambiamento significativo. È molto difficile portizzare come un piccolo paese con problemi di crescita cronici un debito pubblico elevato, avrebbe potuto fare in questa situazione. Devo dire, i contrafattuali sono molto difficili e è molto probabile che le nostre difficoltà sarebbero state molto più elevate.
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Concordo Giorgio, penso che già il tempo casi come Parmalat avrebbero creato grandi problemi strutturali. Figuriamoci la crisi finanziaria, figuriamoci la crisi dei debiti sovrani e figuriamoci la crisi pandemica. Sei d’accordo su questo? È stato un po’ un escalation? Sì, è stato un escalation. D’altra parte…
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La crisi pandemia ha una forte differenza rispetto alle crisi precedenti, che viene da un fattore esterno al sistema economico. Questo ha avuto delle conseguenze importanti, per cui la macchina economica ha funzionato, si è dovuta bloccare di fronte all’economia, ma ha appena avuto le possibilità riprese a funzionare. Questo ha fatto sì che anche le politiche abbiano avuto effetti di un certo tipo, che è più facile coagulare il consenso su una più ampia solidarietà a livello mondiale e anche a livello lupo.
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Che poi Giorgio la cooperazione tra vari paesi ha fatto anche in modo tale che per la prima volta nella storia è stato creato un vaccino così velocemente, quindi credo che rafforzi l’ipotesi che l’Unione fa la forza.
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Penso che questa sia una cosa sorprendente, io non so se noi avessimo fatto questa conversazione dodici mesi fa, quanto avremmo potuto scommettere che adesso avremmo avuto delle percentuali di popolazione che hanno già ricevuto almeno una dose di vaccino, ma non solo in Italia. Rimane il problema dei paesi arretrati, che anche quello dovrà essere risolto, perché altrimenti da un’epidemia non si esce isolatamente, non è possibile. Quindi la soluzione è globale, però se noi guardiamo…
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a che punto siamo adesso? Io scommetto che nessuno l’anno scorso avrebbe avuto la percezione dei progressi rapidissimi che sono stati fatti. Concordo Giorgio, poi da esperto di gestione del rischio sarei d’accordo che ogni aspetto ha una doppia faccia e quindi ovviamente una gestione internazionale di tematiche così importanti a livello internazionale e nazionale comporta una gestione di una complessità maggiore. Infatti ci ritorneremo adesso per capire quanto è difficile cooperare.
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per un fine comune. Sì, però i benefici di questa cooperazione sono molto elevati, per cui tra il possibile risultato che nessuna cooperazione è molto facile da un punto di vista anche nazionale, avrebbe avuto però vantaggi molto più limitati, con comprensità minori ma anche benefici molto minori, quindi devo dire, noi abbiamo strumenti in grado di organizzare la cooperazione a livello internazionale, certo ci sono.
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interessi contrastanti, ma ci sono anche interessi comuni, quindi buona cooperazione internazionale avviene quando c’è un bilanciamento tra interessi comuni e interessi particolari.
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Quindi Giorgio spero di poter riassumere che aumenta sicuramente la complessità ma i vantaggi sono più che proporzionali. Allora siamo pronti per entrare nel vivo dei commenti alle considerazioni. Dopo la tua introduzione sul tema tuo parere più importante centrale della relazione, io leggerò alcuni passaggi che hanno suscitato il mio interesse e ti farò una domanda relativa. Dunque il primo passaggio è il seguente.
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La definizione quantitativa dell’obiettivo di stabilità dei prezzi consiste oggi in un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2%. Da perseguire nel medio termine. Sia le nostre indagini presso le famiglie e le imprese, sia gli esercizi di ascolto condotti in banca d’Italia tra febbraio e marzo di quest’anno indicano che tale definizione è difficile da interpretare e viene a volte frantesa. Un obiettivo numerico pari al 2% con una valutazione simmetrica degli scostamenti verso l’alto e verso il basso
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sarebbe più chiaro e rafforzerebbe l’ancoraggio delle aspettative a medio e lungo termine. Quindi la domanda, caro Giorgio, è la seguente. In che modo questo cambiamento di definizione riguardo la quantificazione del tasso di inflazione creerebbe a tuo parere un quadro più chiaro della situazione attuale? Allora, quel passo che hai letto è…
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veramente dal dettaglio dei lavori, perché riguarda un esercizio che si sta conducendo a livello di eurosistema, di paesi che hanno adottato l’euro e della Banca Centrale Europea, stanno rivedendo la divisione della strategia di politica monetaria, che è un esercizio che ha senso perché dall’avvio della moneta unica nel lontano 1998, passato tanto tempo, abbiamo maturato molta esperienza, situazioni molto diverse di condizione della politica monetaria.
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basta anche gli stakeholders, che sono appunto quelli che hai citato tu in questo momento. Allora qual è il problema? Finora la definizione del concetto di stabilità monetaria, che è l’obiettivo principale della Banca Centrale Europea, era fissata in maniera simmetrica con una forte…
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avversione all’inflazione. Non è sorprendente perché quando furono definite le strategie di politica monetaria la prima volta gran parte dei paesi che hanno aderito all’euro venivano da storie inflazionistiche anche piuttosto rilevanti, il nostro paese era uno di quelli, quindi il rischio principale che veniva paventato allora era quello di una crescita dei prezzi prolungata e fuori controllo, quindi erano in 2% e non ci si doveva spostare molto dal 2%. Il problema è che era visto come un momento superiore.
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Negli ultimi anni, soprattutto dopo la crisi finanziaria globale, invece abbiamo sperimentato una cosa che non ci ricordavamo più dagli anni 30. La stabilità dei prezzi può essere non solo minata dall’inflazione, ma anche da livelli troppo bassi di inflazione. Quindi i rischi sono bilaterali, cioè il rischio di crescita eccessiva dei prezzi e di crescita troppo bassa o addirittura di contrazione del livello dei prezzi.
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In molti casi abbiamo avuto molti, molti mesi di tassi di crescita negativi degli indici dei prezzi, con conseguenze negative sotto molti punti di vista, con la famosa deflazione delle che si studiava nei libri di testa, che pensavamo che nel dopoguerro fosse completamente scomparsa, poi c’era il caso del Giappone che veniva sempre considerato un buon omale.
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e siamo venuti nel mondo della simmetria, se i rischi sono simmetrici, se i danni per l’economia, se i prezzi si crecono di maniera troppo rapida, ma ci sono anche dei danni se calano o crescono in misura poco rapida, il progettivo probabilmente deve essere definito simmetrico, perché è relativamente difficile spiegare all’opinione pubblica che alcune misure di politica monetaria, anche molto visuali come tasse di interesse negativi, erano presi perché stavamo troppo sotto al 2%, quando invece il 2% veniva percepito come
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invece dire che i rischi per l’economia ci sono sia se i prezzi crescono troppo poco sia se i prezzi troppo alto è un esercizio di trasparenza, di capacità di rendere conto delle proprie azioni della Banca Centrale Europea. Giorgio, forse quando è stato stabilito questo limite, come citavi anche tu, il grande problema da tenere sotto controllo era l’inflazione, oggi probabilmente il tema principale è quello della crescita e ovviamente inflazione e crescita vanno di pari passo, quindi sei d’accordo su questo?
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Quello che sono d’accordo è che l’assenza di inflazione o la riduzione dei prezzi non favorisce la crescita, se non altro perché è un canale immediato che fa aumentare il peso del debito da parte dei debitori, riduce gli incentivi ad indebitarsi e ora la capacità di mobilitare le risorse nel sistema finanziario viene fortemente indebolita se c’è questo peso del debito da parte dei debitori, tipicamente sono le imprese che investono, quindi questa è una considerazione Vincenzo molto appropriata quella che hai fatto.
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Sì, che poi se ricordo bene gli studi di economia all’università, il tema dell’inflazione diventa un problema in caso di surriscaldamento dell’economia e mi sembra che siamo molto lontani. Esattamente, noi siamo molto lontani, soprattutto adesso abbiamo ancora ampie margini di capacità produttive inutilizzate e soprattutto abbiamo avuto delle tendenze di lungo periodo che hanno spinto verso i bassi impresti, che hanno delle tendenze demografiche, alla globalizzazione che ha portato sull’economia un globale, paesi che…
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prima non c’erano, quindi una pressione al ribasso dei costi. Comunque i rischi sono da tutte due parti, se definendo una strategia di politica monetaria, tenere conto che il mondo si è evoluto e è cambiato e che ci sono anche rischi al ribasso dei prezzi, sarebbe un preteleatto che è la realtà molto più complicata, molto diversa da quella della fine degli anni 90.
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Giorgio, sicuramente stiamo parlando della leva monetaria per lo stimolo dell’economia, però sono anche tanti anni che vediamo i tassi così bassi e forse le cartucce, tra virgolette, da sparare in termini di politica monetaria rimangono molto limitate. E mi chiedo, ma tu vedi altri possibili interventi a livello europeo di politica monetaria oppure la crescita può essere dettata solo dalla leva fiscale? Cioè il mondo pre pandemia è il mondo…
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determinato dalla pandemia e post-pandemian. Già nel mondo pre-pandemia mi sembra che nelle considerazioni finali di qualche anno fa il governatore avesse sottolineato come, ma lo sottolineavano alla stessa BCE, la politica monetaria ha dei limiti. C’erano altre politiche, che erano quelle delle riforme strutturali, erano quelle dove c’erano momenti di recessione i paesi che avevano capacità di utilizzare la leva cuscale.
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abbiamo avuto misure di politica monetaria eccezionali, ma abbiamo anche avuto misure di politica fiscale eccezionale. Adesso, bello comunitario, mi sembra che siano state completate le prime missioni, titoli per finanziare le misure a livello europeo. Quindi adesso noi saremo di fronte per un po’ di anni a un forte stimolo di natura fiscale. Questa è un’occasione unica credo per ridare slancio alla crescita anche in paesi come il nostro.
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al tempo stesso devono essere accompagnati di quelle riforme culturali che rimuovono quelli che sono sempre stati visti come ostacoli, perché è vero che gran parte dell’Europa cresceva poco, ma paesi come l’Italia crescevano meno di quelli che crescevano poco e questo ci poneva dei limiti. Ora, se l’enorme stimolo fiscale che viene da queste misure riesce a rimettere rapidamente in pote il meccanismo della crescita, probabilmente non…
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punteremo solo sulla politica monetaria come è stato fatto per diversi anni prima della crisi pandemica, cioè avremo una batteria di strumenti, quindi anche la politica monetaria avrà un maggiore spazio perché viene ordinata con la possibilità di affiancarsi ad altre politiche. E credi Giorgio che questo disallineamento tra una politica monetaria europea e una politica fiscale nazionalista sia uno dei temi da sciogliere?
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Ma in parte c’è stato ciò, perché adesso tutte le politiche fiscali di tutti i paesi sono state espansive. E adesso con il programma europeo Next Generation abbiamo una politica espansiva armonizzata a livello europeo, per cui noi avremo un forte stimolo fiscale nei prossimi anni. Ora si tratta che questo stimolo fiscale non sia una fiammata a se stesso, ma serva anche
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a rimuovere quegli ostacoli alla crescita che abbiamo avuto nei ultimi anni. Se faremo così avremo lo stimolo fiscale che rimette in moto il meccanismo, abbiamo una carenza di domanda notevole e poi dal tempo stesso stabilisce le condizioni con cui poi la crescita potrà autosostenersi man mano che le misure di sostegno saranno gradualmente ritirate. Quindi devo dire, le condizioni adesso credono siano mai state così favorevoli da un punto di vista dell’armonia delle politiche economiche, se vogliamo metterla in questi termini.
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Sei d’accordo, Giorgio, che stiamo vivendo un periodo come economista estremamente affascinante per quanto complesso? Credo che come economisti dovremmo anche essere molto umili a cercare di non affidarci alle ricette che abbiamo ereditato da situazioni che erano completamente diverse. Credo che in questi casi il vestire dell’economista non è quello di applicare modelli ereditati che sono utilissimi, perché serve per disciplinare il ragionamento e il pensiero, però…
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tenere anche conto che viviamo in situazioni non sperimentate, almeno nelle nostre generazioni. Cioè, noi veniamo da un’economia che è stata limitata, vincolata, abbiamo i rapporti internazionali che sono cambiati, dovranno ricostituirsi, probabilmente abbiamo una fase della globalizzazione che dovrà essere ripensata, quindi bisogna essere molto umili di studiare i problemi e affrontarli, essendo aperti a considerare che alcune regolarità che abbiamo osservato
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essere ancora validi in questa fase.
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Durante gli episodi del podcast abbiamo sempre parlato di svolte epocali nel mondo della tecnologia, nel mondo del lavoro, insomma mi hai fatto venire in mente che è una svolta epocale anche per gli economisti, quindi stiamo vivendo veramente un periodo di grande transizione. Abbiamo affrontato anche tanti temi legati anche al tema ISG, al cambiamento climatico, quindi insomma stiamo vivendo una fase veramente fondamentale per lo sviluppo delle economie e del benessere della collettività.
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da vari punti di vista questi temi di straordinaria importanza. Io ho selezionato tantissimi passaggi su cui ero curioso di un tuo parere, purtroppo i tempi sono stretti e non potremmo farli tutti, quindi farò una selezione. Un altro passaggio su cui mi piacerebbe un tuo parere è il seguente. Le garanzie pubbliche su nuovi prestiti, le moratorie sui debiti in essere e le più favorevole condizioni di finanziamento delle banche presso l’eurosistema hanno consentito di soddisfare il far bisogno di liquidità delle imprese. L’aumento dei prestiti ha
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a fronte di una contrazione del 2% negli anni della crisi finanziaria globale e del 7% in quelli della crisi dei debiti sovrani nell’area euro. Quali sono stati, caro Giorgio, i fattori alla base di questa differenza? La questione è molto semplice, sono le politiche economiche. Quando abbiamo avuto i due episodi di crisi precedenti non sono riusciti a prevenire che quello che erano condizioni di crisi di liquidità da parte delle imprese.
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mentalmente, che si era stata una recessione, quindi erano diminuiti ricavi, diminuiti d’introiti, le imprese erano diventate meno liquide e quindi non in grado ad esempio di ripagarli debiti, si è innescato un circolo vizioso che aveva poi coinvolto le banche che avevano reagito a restringere il difreddito. Questo è un circolo vizioso in modo con cui mi piace raccontarlo è che tu hai, c’è uno shock al conto economico e questo si riflette naturalmente sullo stato patrimoniale, cioè se tu non hai ricavi non riesci a donerare i tuoi debiti e quindi non le ripaghi, ti ha prestati i soldi e a sua volta va in vita.
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La politica monetaria è questa volta estremamente accomodata, le politiche fiscali che hanno permesso di aiutare imprese e famiglie, che soprattutto in Europa e Italia, le politiche di accessa al creco.
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La moratoria ha di fatto rongerato le situazioni esistenti, quindi le imprese non erano più tenute a restituire per un determinato periodo di loro prestica le banche. La politica è anche regolamentaria, cioè l’interpretazione della regolamentazione delle banche che faceva sì che non necessariamente un cliente dovesse essere ripassificato in seguito allo sciocco. La sospensione di alcune parti del diritto alimentare, cioè degli effetti delle perdite sul capitale delle imprese, tutto questo fatto sì che abbiamo isolato.
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lo stato patrimoniale, abbiamo isolato le banche e con le garanzie pubbliche è stato abbattuto il rischio di credito e le banche hanno potuto continuare ad avere credito.
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Questo ha fatto sì che non aveva avuto l’avvitamento, poi si può discutere quanto sono stati eccessivi gli aiuti e così via, però al di là di tutto questo, questo ha preservato il sistema finanziario, ha preservato la capacità delle banche di erogare credito e ha permesso alle imprese, assieme a tutte le altre politiche, di non portare i libri in tribunale. Abbiamo salvato competenze, capitale fisico, capitale umano, poi ovviamente non tutti saranno in grado di sopravvivere e di ripartire nel nuovo mondo, però abbiamo fatto sì che una
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e colpite più di altre, alla fine quando gli effetti della pandemia saranno ridotti potranno riprendere ad operare come gli effetti poi stanno succedendo ed è successo. Questo credo che sia la grandissima differenza che si è stata tra le passate risposte di politica economica e questa risposta. Grazie molto Giorgio, c’è da considerare il fatto forse che alcuni effetti dobbiamo ancora vederli, comunque mi sembra che siano sotto controllo e avremo notizie a breve, ma qui si collega a un altro passaggio della relazione su cui sono…
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molto curioso del tuo parere. Nel 2020 il saldo finanziario nel suo complesso, ovvero la differenza tra la variazione delle attività e quella delle passività finanziarie alimentato anche dagli interventi di sostegno è stato positivo per 38 miliardi, tre volte quello dell’anno precedente. Di cui la mia domanda, come possiamo interpretare questa statistica che apparentemente è in contrasto con il quadro di difficoltà usualmente dipinto dalle imprese?
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Quello che è successo Vincenza è che la politica di contrasto della recessione della pandemia è stata molto ampia e molto estesa, quindi ha fatto sì che ha messo a disposizione risorse finanziarie attraverso complesso delle misure molto ampie, per cui la parte di imprese che ha continuato a produrre durante tutto il periodo non aveva problemi di liquidità e non ne ha avuto problemi, Casomai ne ha approfittato per fare scorta di liquidità per il futuro, quindi ha avuto un risparmio netto.
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le imprese che avevano farmio negativo, che utilizzavano altre risorse, tra i vari canali di risorse che sono prodotte le imprese sono stati tali da compensare in aggregato i vincoli di qui. Andiamo a vedere, dall’altra parte le CF si quantifica quanto pesino le imprese che obiettivamente continuano ad avere dei vincoli di possibilità, ma nel complesso a livello macroeconomico questa statistica significa che è perché una parte del sistema economico ha continuato a funzionare bene e per gli aiuti che sono arrivati le imprese adesso hanno un tesoretto.
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comunque hanno anche risorse disponibili per fare fronte alla ripresa. E non è a caso che le indagini sulle imprese che conduciamo noi mostrano che molte hanno intenzione di riprendere l’attività di investimento, perché probabilmente anche percepiscono meno vincoli da un punto di vista finanziario. Questi numeri sono un effetto delle politiche di sostegno che però pone delle basi molto incoraggianti per la ripresazione.
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Giorgio, ti ringrazio molto per questi messaggi incoraggianti, per l’obiettività che contraddistingue il nostro podcast. Mi viene in mente che se non sbaglio, il pil mondiale è sceso del 3%, in media nel 2020, e la ripresa ha una prospettiva del 6%.
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l’Italia affronte se non sbaglio di un meno nove a delle prospettive del più quattro. Quindi sicuramente ci aspettiamo un rimbalzo, c’è il rischio che non sia così corposo e sei d’accordo con me quant’è importante la crescita ai fini anche di diminuire il peso del debito pubblico. Quindi pensi che le strategie in atto diano dei buoni auspici in questo senso? Devo dire dati più giornalistiche, sui appuntano su un forte rimbalzo. Ora ovviamente…
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Nonostante la campagna vaccinale e i minoramenti in termini del controllo dell’epidemia e dell’emergenza sanitaria, abbiamo ancora un marge di incertezza molto elevato. Ogni tanto compare una qualche variante, occorre ancora un po’ di prudenza per la situazione generale, però è un rimbalzo.
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molto significativo, ora bisogna tenere presente che a livello globale vengono aggregate situazioni molto diverse, di paesi che hanno risentito meno, altri che ne hanno risentiti più. A livello nazionale credo che un rimbalzo di questa natura sarebbe un buon avvio, poi si sarà da consolidare questa ripresa e qui di nuovo le politiche economiche saranno fondamentali, adesso vedremo la capacità di implementare rapidamente il pacchetto di
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misure previste. Quindi con quello che viene scritto nelle considerazioni finali è che le misure di sostegno devono rimanere in campo finché sono necessarie, cioè solo gradualmente devono essere tolte, il rischio è di togliere le impalcature prima che l’edificio sia consolidato. Però abbiamo bisogno della crescita, non esiste un piano B.
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alla crescita. Quindi non abbiamo molte altre attività, dobbiamo tornare a crescere. Ma è anche vero che, ripeto, la macchina economica di fondo, alcune componenti dell’industria manipatturiera e così via, sono state preservate, mentre durante la crisi finanziaria, siccome era endogeno al sistema economico, al meccanismo, i motivi della crisi, era stato più difficile. Noi siamo arrivati a questa situazione con un sistema delle imprese più solido, con banche più solide, con una posizione netta sull’estero tendenzialmente positiva, quindi
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di quello che era la vigilia di finanziario globale della crisi dei debiti sorrani.
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Grazie Giorgio, considera che quando hai citato il PIL globale come una media di paesi con caratteristiche, tematiche, problemi molto differenti, hai ragione, è una sintesi di realtà molto differente, in alcuni casi il tema non è la crescita ma magari di più l’inflazione e quindi ti ringrazio di aver precisato questo perché effettivamente è un po’ come paragonare mele con pere, sei d’accordo su questo?
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Quello numero, nonostante sia molto più piccolo del calo che abbiamo noi, è il calo più forte che si sia registrato da quando ci sono le statistiche affidabili, credo, fondamentalmente. Per cui, nonostante il numero sia molto più piccolo di quelli di italiano, europeo, dei paesi avanzati, però vuol dire che la crisi a livello globale è stata molto forte, molto sentita, quindi il confronto è diverso. Una volta che viene messo nel giusto contesto, effette come questo, uno degli episodi economici più grave, è la crisi più profonda che abbiamo avuto a livello mondiale.
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Poi Giorgio, ovviamente accadimenti di questo tipo creano le capacità di sopravvivenza che poi creano anche il nuovo destino, quindi anche la digitalizzazione probabilmente per un paese che è molto esportatore potrebbe facilitare di gran lunga una presenza nei mercati esteri anche senza una presenza fisica, quindi mi piace vedere il lato positivo degli accadimenti anche come un boost magari in questo caso tecnologico. Lo vediamo tra pochissimo con il tuo punto di vista sul fintech, siamo quasi in chiusura
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Dobbiamo andare velocemente. Passaggio al seguente. I consumi sono diminuiti del 10,7%, 4 volte più della riduzione del reddito disponibile. Caro Giorgio, secondo te questa non linearità di diminuzioni tra consumo e reddito da che cosa deriva? La gente ha paura? Allora ci sono due aspetti, uno che è di fronte a situazioni emergenze così gravi, una delle ragioni fondamentali delle risparmi è precauzionale.
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Poi non abbiamo avuto alcuni momenti nel 2020 in cui c’era veramente genuina incertezza su quello che sarebbe successo di via poche mesi, di via in futuro. D’altra parte invece è che alcuni consumi erano preclusi, nel senso che mentre il consumo di beni tangibili e materiali, grazie anche allo sviluppo dell’e-commerce, come hai sottolineato, era comunque possibile anche se i beni durevoli non alimentari hanno sofferto comunque molto.
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il consumo di servizi era impossibile, se uno aveva programmato una vacanza, non ha potuto fare la vacanza, quello era un sparmio forzoso. Ora teniamo presente che nel 2020 abbiamo avuto il secondo trimestre, che è stato il primestre probabilmente, qui eravamo tutti chiusi in casa, lockdown, ma anche dopo l’estate con le restrizioni differenziate a livello territoriale e per gravità in alcune importanti aree del nord, come anche la Lombardia, il livello di restrizio è stato elevato fino alla primavera inoltrata.
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in questi casi anche nell’ultima parte dell’anno i consumi non erano possibili a fare, quindi da una parte le limitazioni necessarie per contenere la diffusione del virus e dall’altra parte spalmi precauzionale, perché soprattutto il futuro di chi aveva situazioni lavorative incerte, di chi diceva entrare in incertezza. Quanti questi consumi sono fatti, perché il fatto che uno non abbia fatto un viaggio non sistemamente ne fa due, questo è un fattore comune comunque in tutta Europa, mi pare che la BC abbia…
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delle statistiche per tutta l’area dell’Euro ed è un aumento della propria risparmio del tutto eccezionale in tutti i principali paesi. Giorgio, lo spunto che hai dato sul risparmio mi ha fatto accendere una curiosità perché effettivamente abbiamo in Italia
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maggiore credo stock di risparmio europeo. Allo stesso tempo sono nati nuovi strumenti per dilottare il risparmio anche nell’economia reale italiana. Ci sono delle innovazioni di strumenti estremamente interessanti e vedo anche investibili dalla clientela retail. Ora non credi che questo stock enorme di risparmio potrebbe essere dilottato in maniera un po’ più evidente nell’economia nazionale invece di essere disperso nell’economia internazionale?
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opportuna diversificazione dei rischi che è la base di qualsiasi investimento. Ma non credi che questo stock enorme di disparino potrebbe avere un’attenzione maggiore per le imprese italiane? E da qui mi collego anche, essendo avuti la domanda, a come vedi il fintech come anello di trasmissione verso l’economia reale e anche se ti va di darci un accenno sul tuo punto di vista sulle criptovalute che è un altro tema molto caldo. Sono diverse domande. Questa è una nuova questione di sviluppare
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la parte non bancaria del sistema finanziario italiano. Le imprese italiane storicamente si finanziano dalle banche, gli italiani non fidavano i soldi alle banche e abbiamo questo sistema di intermediazione. C’erano una serie di ragioni, questo funziona bene per determinate attività, un po’ meno bene per altre e noi abbiamo un mercato dei capitali che ha stentato e abbiamo avuto tantissime misure, incentivi regolamentari fiscali per farlo. C’è un problema molto grande di offerte di questi argomenti, noi abbiamo…
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imprese mediamente molto più piccole di quelle degli altri paesi europei e quindi per un’impresa piccola mettere strumenti finanziari che siano investibili dai rifici. Per questo poi ci inventiamo misure tipo i PIR per cercare di stimolare. Ora c’era un movimento positivo prima della pandemia, non travolgente, ma c’era una tendenza positiva che ravveniva da diversi anni e la pandemia…
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parzialmente la limitata, ma non tanto. Quindi qui è un problema anche di avere una struttura di imprese che sia in grado di mettere strumenti valutabili dal mercato, perché di fatto i nostri investitori stanno facendo il loro lavoro.
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faticano a trovare strumenti su cui investire perché sono necessari livelli di liquidità, di mantenere liquidità, di trasparenza. Su questo la tecnologia può aiutare perché facilita la circolazione delle informazioni, facilita i nuovi operatori che abbattano i costi tradizionali attraverso le nuove tecnologie post-fondamentale. Però il punto fondamentale rimane quello di avere una crescita della dimensionale delle imprese, di avere un bacino di imprese molto più amche che sia in grado di sostenere i costi, di emettere predebito.
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Se mi ricordo a un’incintecca delle crittowalutte, c’erano un grande cambiamento. Avevamo più o meno il livello come quando arrivarono i personi al computer nelle famiglie, tutti ce ne avevano uno.
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che con il personal computer ci potevi fare non solo i conti, ma ci potevi fare una quantità di cose enorme, sono tecnologie universali. Si stanno adattando con tempi diversi, ci sono gli intermediari o gli operatori di mercati tradizionali per cui devono adattare macchine molto complesse con le nuove tecnologie, ci sono invece delle manguste che sono gli operatori molto più veloci, che sono nel mercato e quindi rapidamente. Devo dire, l’ambizione sarebbe di governare questo processo in modo tale che generi benefici per tutti
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che poi alla fine dovremo pagare in futuro. Questa è la grande scommessa che abbiamo con il finta. Per quanto riguarda le criptovalute occorre chiarezza, in atto a livello europeo uno sforzo per arrivare ad una regolamentazione nuova. Le criptovalute stello in alto qualunque cosa ne possiamo pensare come attività di investimento che hanno fornito un forte stimolo allo sviluppo di tecnologie nuove, tecnologie che sono neutrali, che possono necessariamente essere positiva o negative, dipende dall’uso a cui se ne fa.
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Se si evolve la tecnologia, si evolve la domanda di strumenti finanziari da parte degli utilizzatori, si devono evolvere anche gli asseti allegolamentari e il modo con cui, ad esempio, vengono distribuiti sistemi di pagamento. Ogni singolo aspetto va considerato, infatti la Banca Centrale Europea ha un progetto di introdurre.
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Un euro digitale non è ancora approvato, non è ancora deciso che si addotterà, però sta studiando e sta sperimentando per introdurre un euro digitale che è una risposta a un’evoluzione tecnologica, quindi non c’è niente di ammoniaco nei strumenti che vanno contestualizzati e valutati se sono valute, se sono attività su cui investire, hanno profili diversi.
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Grazie Giorgio, sulle criptovalute ho un’idea da non ha detto ai lavori, così solo in termini logici che è quella derivata dal fatto che rispetto alle monete tradizionali consente anche una non tracciabilità da parte degli utilizzatori. Questo a mio modesto parere ha comportato
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gran parte del suo successo, sarà necessario quando il fenomeno avrà delle dimensioni maggiori una maggiore regolamentazione, la maggiore regolamentazione probabilmente andrà a eliminare questo vantaggio e forse magari ci sarà una rivisitazione del suo successo. Questo è un mio personale parere, caro Giorno. Credo che sia condivisibile, di fatto poi in questa direzione vanno le proposte che si stanno discutendo a livello di Unione Europea, di preservare il contenuto tecnologico, ma di…
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di far riportare i confini ben chiari di quello che si può fare e di quello che non si può fare. A noi abbiamo delle regolamentazioni che vanno dall’antiriciclante. Riportare questo tipo di attività, trovare il modo di ricondurlo, perché poi questo non è così semplice, ricondurlo dentro ai principi fondamentali che riguardano le regolamentazioni degli strumenti e dei sistemi finanziari, che credo che sia non un programma, ma sia un compito abbastanza urgente da sviluppare.
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Giorgio, fa parte del fascino di questi tempi e anche del fascino della nostra intervista, che tu non sai gli appunti che ho sulle considerazioni del governatore, che non sono riuscito a citarti per un tuo commento. Purtroppo il tempo a disposizione sta per scadere e qui il nostro format previene di solito due passaggi, che sono i consigli per i giovani e due-tre bullet point finali, due-tre messaggi che puoi lasciare ai nostri ascoltatori.
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Il messaggio per i giovani è che vivono in tempi difficili, ora è inutile che una volta si tende a essere giovani visti, o bisogna riconoscere che i giovani vivono in tempi molto più difficili, che sono stati probabilmente tra quelli più colpiti dalla pandemia, chi stava studiando, chi stava a prime fasi dell’attività lavorativa, che è stata colpita. Devo dire da un lato bisogna riconoscere le difficoltà dei giovani, dall’altra parte un mondo di rapido cambiamento, profondo cambiamento, offre anche molto molto…
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non consolidate, se loro hanno la difficoltà di leggere un puro che è molto più difficile di quello che avevamo nella nostra generazione, viviamo in un mondo molto più stabile, al tempo stesso loro sono da un certo punto di vista anche più attrezzati perché i giovani che adesso sono nati digitali, noi faticosamente lo siamo diventati. L’altra questione è che l’acquisizione di competenze, di professionalità, di cultura, l’investimento in quello che viene.
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limitatamente chiamato a capitale umano è fondamentale, per cui i giovani hanno bisogno di istituzioni riformate più efficaci su cui investire, con la possibilità di esprimersi. I punti finali vorrei lasciare con un moderato ottimismo, senza eccedere nella fiducia, come paese abbiamo i mezzi. Nonostante le lame intere spesso abbiamo capacità imprenditoriali, abbiamo risorse finanziarie, abbiamo qualità del tessuto sociale che è stato…
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sì, nel suo duro problema non si è inclinata più di tanto per riprendersi e ripartire e non abbiamo alternative alla crescita. La crescita che non è solo economica, è crescita civile, crescita sociale, crescita sostenibile, non è solo qualche punto in più di PIL, è la crescita che si ha interpretata.
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Caro Giorgio, siamo giunti ai saluti e ai ringraziamenti finali. Lo facciamo come da nostra consuetudine in tre modi. Il primo ringraziamento…
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va a tutti coloro che ci hanno ascoltato. Ricordiamo sempre che possono dialogare con noi inviando la maila a segreteria at InsideFinance.it. Se avete una domanda o un parere da inviare a team di Giorgio Gobi sarà nostra pure inoltrarlo. Giorgio non ti preoccupare perché garantiamo solo la lettura ma non la risposta che sarà in funzione dell’attualità e delle priorità del momento. Il secondo ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa
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caporicci che mi ha assistito nella definizione di domande su un tema così ampio e complesso ho ovviamente il dispiacere che tantissimi degli argomenti di cui avevo voglia parlare con te non sono riuscito ad affrontarli ma questo fa parte un po’ della vita non sempre sia il tempo di fare tutto il terzo ringraziamento è più importante caro Giorgio è a te per
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l’esperienza, l’autorevolezza, le considerazioni così importanti che hai fatto su temi di fondamentale importanza a livello italiano ed europeo, ma anche descritti in maniera divulgativa, che possano essere interpretabili dai nostri ascoltatori anche non esperti di economia, e soprattutto per l’entusiasmo, l’energia e i messaggi positivi che c’è dato in relazione alle considerazioni finali di un anno così fondamentale.
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come quello che abbiamo vissuto. Un grazie ancora a Giorgio e Robby, un saluto e buon lavoro agli ascoltatori da Vincenzo Marzetti e arrivederci alla prossima puntata.